Vicovaro – Abbiamo già parlato, in questi spazi, del vicovarese Amedeo Rotondi, filosofo e scrittore vissuto nel Novecento e fondatore di quella che probabilmente è la prima libreria esoterica d’Italia. Attraversando alcuni suoi libri, abbiamo avuto modo di vedere come i suoi interessi filosofici si si siano mossi in diverse aree – come la filosofia del linguaggio (L’arte del silenzio e l’uso della parola) o la storia e filosofia della storia (Dopo Nostradamus, Le Perle, Ricordo dei nostri martiri) – ma abbiano avuto come centro costante un interesse per la dimensione morale e spirituale (I Volontari del Bene, Un’arte di vivere, La Coppa d’oro), non privo di un taglio esoterico e sincretista (Le influenze negative).
Volto proprio allo studio (e alla proposta) di questa commistione tra dimensione morale e dimensione esoterica è anche il libro di cui ci occupiamo questa volta, che rappresenta anzi – insieme a Reincarnazione e fanciulli prodigio, di cui parleremo in un articolo futuro – una delle prime espressioni compiute ed esplicite di questo interesse di Rotondi. Pubblicato anch’esso sotto il consueto pseudonimo di Amadeus Voldben, il libro di cui parliamo si intitola Il Protettore invisibile ed è uscito la prima volta nel 1985 per le Edizioni Mediterranee. Il titolo, e ancora di più il sottotitolo (La Guida che ci aiuta nei momenti difficili della vita), è di per sé eloquente a indicare tale interesse, che si concentra in questo caso sulla definizione di una «Guida» – spirituale ed esoterica – che accompagna e protegge (invisibilmente, appunto) tutti quelli che decidono di stare dalla parte del bene: «Camminate diritti e sarete accompagnati» (p. 9) è infatti il monito con cui Rotondi inaugura il libro.
Alla definizione delle caratteristiche e alla presenza di questa Guida, appunto, Rotondi dedica – con il suo abituale approccio molto pratico e testimoniale – i primi capitoli del libro. Chiave di avvicinamento a questo discorso, ci dice del resto lo stesso autore, è il superamento di una «miopia che coincide con la cecità» (p. 12) e che impedisce all’essere umano di percepire le dimensioni che eccedono il suo perimetro psico-fisico; perimetro in cui o per personale pigrizia o per vizio culturale (ricordiamo l’avversione dell’autore a Marx e Freud, dichiarata anche in questo libro, a p. 159) tende a rinchiudersi. Alla fine del capitolo L’uomo non è solo (p. 19) Rotondi ribalta la tesi feuerbachiana dell’uomo inventore di Dio e spinge, al contrario, per un recupero del senso del limite umano, oltrepassato ontologicamente da un’ulteriorità che è, in fin dei conti, Dio stesso.
In questo orizzonte ulteriore si colloca il Protettore invisibile, che se per certi aspetti coincide con il Dio cristiano (a suo modo, Rotondi tiene sempre al centro il cristianesimo come verità filosofica e indirizzo morale), per altri si contamina con l’immaginario esoterico e superstizioso a cui Rotondi, come detto, è sempre stato aperto (e più volte è infatti citato l’ambiente esoterico fiorentino del Cerchio 77). Anche per questo si capisce l’inserimento del capitolo Come si manifesta la protezione invisibile (pp. 37 e sgg.), in cui, in una maniera che potremmo definire per certi aspetti “eretica”, per dare prova della presenza di questo Protettore Rotondi ricorre ad episodi magici e personali. Tra questi non possiamo non ricordare i due che controprovano anche il legame dell’autore col nostro territorio, ovvero L’uccellino di Collalto (p. 45 e sgg.) e, soprattutto, I globi luminosi (p. 32 e sgg.). In quest’ultimo paragrafo Rotondi racconta una vicenda che non solo darebbe prova dell’intervento del Protettore, ma che contestualmente rappresenta la svolta spirituale-ideologica dell’autore, nonché la relazione con una pagina rilevantissima della storia locale.
L’episodio è infatti ambientato tra il 24 e il 25 ottobre 1943, «nella zona di Vicovaro» (p. 32), dove Rotondi si era ritirato a seguito dei disordini bellici e dove però aveva trovato parimenti il sopruso nazi-fascista, che come sappiamo segnò profondamente Vicovaro (pensiamo all’eccidio delle Pratarelle e di Villa Spada, cui proprio Rotondi dedicò l’opuscolo Ricordo dei nostri martiri) e molti altri comuni limitrofi (su questo, cfr. La Resistenza nell’Alta Val d’Aniene di Giuseppe Panimolle). In questo scenario, durante un rastrellamento (che dopo si scoprì essersi incentrato su Roccagiovine) e la fuga in montagna, l’autore racconta di aver visto apparire davanti ai suoi occhi «un globo di luce», a cui presto se ne affiancarono «due, poi tre, quattro, poi altri ancora, forse dieci o dodici o più, e forman[do] come una catena» (pp. 32-33). Proprio seguendo la compagnia di questi globi che «dall’alto scendevano fin giù, penetravano nella terra, poi altri […] risalivano e poi ridiscendevano» (p. 33) Rotondi spiega di essere riuscito a ritrovare la strada e sfuggire alla cattura.
L’intervento del Protettore, secondo il filosofo, può essere quindi un evento diretto e visibile, anche se d’altra parte ricorre spesso alla «potenza del pensiero» (p. 47), cosa che conferma l’impostazione in senso lato “illuministica” della filosofia rotondiana: in sintesi, l’essere umano è eletto rispetto agli esseri viventi in quanto dotato di pensiero; poi tra gli umani sono eletti coloro che si aprono al potenziale umano profondo e che scelgono la parte del «Bene», inteso da Rotondi, come abbiamo visto anche in altri libri, in senso cristiano-platonico e assolutizzante. Altro tassello importante riguarda infatti la necessaria controparte umana all’intervento della Guida: come il Protettore è diretto alla protezione dei suoi eletti, così agli umani tocca l’accoglienza del suo aiuto, senza cui questo non può compiersi. Benché limitato dal corpo e da altre contingenze, per Rotondi «Dio è in ciascuno di noi. Noi siamo Scintilla Divina sia pure rivestita dalla maschera della personalità e da tante scorie di cui dovremo liberarci» (p. 58), motivo per cui l’obiettivo umano è la coltivazione dell’«Io Spirituale» (pp. 57 e sgg.) tramite l’apertura che abbiamo descritto finora, ma anche tramite la fede verso I Maestri e le Guide (pp. 73 e sgg.) (di cui è Maestro assoluto «l’Amore» (p. 80)), verso Coloro che ci hanno preceduto e che possono rimanere in contatto con i viventi (dal momento che l’autore crede in un’esistenza post-mortem e nella trasformazione del defunto in uno spirito «che continua ad agire secondo il proprio gradino evolutivo» (p. 98)) e verso le leggi della «Natura», viste dall’autore come «supremamente giuste e imparziali, che non contemplano eccezioni di sorta né altro fine che la vita, nel suo divenire incessante verso la perfezione» (p. 116).
Insomma, l’universo in cui Amadeus Voldben cerca di introdurre il lettore è un universo che si presume ben più esteso rispetto a quello cui il «materialismo» (bersaglio polemico fisso dell’autore) si riferisce. Questo universo è dotato di leggi diverse da quelle della fisica, eppure inscritte nell’ordine profondo della natura, e con esse l’individuo interagisce partecipando all’andamento del mondo, che è storico ma anche morale-spirituale, come proprio l’episodio del rastrellamento e la sua sovrapposizione tra vicenda bellica e visione mistica vorrebbe comunicare. È secondario e personale, alla luce di quest’analisi, decidere se aderire o no le tesi dell’autore – si tratta, per capirle e studiarle, di avvicinarglisi con la stessa sincera curiosità con cui Rotondi – questo lo possiamo dire con certezza – si avvicinava agli oggetti dei suoi studi. Oggetti che Il Protettore invisibile esplicita come pochi altri testi precedenti dell’autore e che danno al suo percorso un carattere assolutamente peculiare, soprattutto se messo in relazione al panorama locale.