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Protesi d’anca e ginocchio, il Campus Biomedico di Roma, eccellenza in chirurgia robotica

di Silvia Gambadoro

ROMA – Tornare a camminare  24 ore dopo un intervento di chirurgia protesica all’anca o al ginocchio. Non si tratta di un miracolo: è  quanto realmente  accade oggi  alla Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, struttura di eccellenza non soltanto in Italia ma a livello internazionale. Il Campus  è il primo nel centro sud Italia  in questo ambito: nel 2023 sono stati effettuate più di 2.000 protesi.
 
Qui circa il 93% dei pazienti che si sottopone a interventi di  chirurgia protesica d’anca e ginocchio a causa di artrosi o traumi  ritrova la capacità di camminare ad un solo giorno dall’operazione. Ma c’è di più: a pochi mesi dall’intervento – dai tre ai sei mesi –  addirittura ci si “dimentica”  dell’articolazione sostituita.
 
Sono dati che attestano  un notevole passo avanti rispetto al passato.  Risultati ottenuti grazie a programmazione, innovazione tecnologica e monitoraggio post operatorio.La gestione del paziente prima, durante e dopo l’intervento, riduce fortemente l’impatto clinico-chirurgico e il dolore post-operatorio e agevola la mobilizzazione immediata post-chirurgica. A spiegarlo  è Rocco Papalia, Direttore dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia del centro romano e Professore Ordinario dell’Università Campus Bio Medico.

La fase pre-operatoria:  programmazione e  progettazione su misura 

“Molti pazienti per paura dell’intervento vi rinunciano e in questo modo non solo rischiano di peggiorare i danni esistenti alle articolazioni colpite, ma anche in quelle a monte e a valle – afferma Papalia – Ma se correttamente indicati, gli interventi di protesi di anca e ginocchio possono migliorare notevolmente la qualità di vita dei pazienti, con recuperi eccezionali”.

Risultati ottenuti grazie ad una programmazione dell’intervento sempre più precisa e personalizzata, che comincia in fase preoperatoria. “Inizialmente raccogliamo dati sull’articolazione grazie a una TC tridimensionale. questi dati vengono poi spediti negli Usa e analizzati. In risposta riceviamo le informazioni sulle misure delle protesi e sul loro posizionamento, e sulla rotazione di femore e tibia per la stabilità dell’articolazione”.

Questi dati  vengono quindi confrontati con l’anatomia del paziente,  analizzati dall’esperienza del chirurgo e sono fondamentali durante l’intervento in sala operatoria. Dove da qualche anno, a fianco degli specialisti  è presente  un robot, o meglio un braccio robotico  chiamato Mako, che  ha rivoluzionato la chirurgia ortopedica classica. In sala operatoria il chirurgo guida il braccio robotico con la possibilità di correggere e calibrare l’inserimento della protesi .

Durante l’intervento: Robotica e precisione chirurgica

“La robotica – spiega Papalia – ha aumentato la precisione dei chirurghi soprattutto nella gestione dei tessuti molli, come legamenti e capsule articolari legati alla parte ‘sensitiva’ dell’articolazione, sia in termini di propriocezione che di sensibilità al dolore. Riducendo i gesti chirurgici sull’articolazione e realizzando tagli più precisi, riusciamo a eliminare gli errori. Questo, si traduce in un recupero precoce grazie alla riduzione del dolore post-operatorio, della sensazione di corpo estraneo e all’aumento della stabilità e del controllo articolare”.

Gestione Post-Operatoria: Monitoraggio Costante e modelli predittivi di riferimento 

A garantire  la buona riuscita di un intervento di protesi è anche la gestione del paziente in fase post-operatoria, a partire dal monitoraggio della funzione articolare: “Abbiamo messo insieme un modello di tracciamento dati che combina l’utilizzo di sistemi indossabili – per capire, oggettivamente, come funziona l’articolazione, per esempio quanto si flette e come si muove – ed una serie di indici (score) clinici, relativi a quanto il paziente riesce a stare in piedi, quanto riesce a camminare”.

Una massa enorme di dati – dalla fase preoperatoria a quella post operatoria  che viene infine raccolta e  analizzata all’interno di database in cui, anche grazie all’Intelligenza Artificiale, vengono elaborati dei modelli predittivi: “In questo modo riusciamo a capire se un particolare tipo di intervento, con posizionamento in un determinato modo della protesi, ha percentuali di successo più elevate di altri”, spiega Papalia.

Gestione del dolore a 360°

Parte essenziale della fase post-operatoria è anche la gestione del dolore, ormai multimodale: “Parliamo di farmaci, di fisioterapia e di crioterapia, ed affiancamento con internisti per seguire eventuali altre problematiche del paziente, come patologie cardiovascolari e diabete, o specialisti in grado di gestire eventuali aspetti psicologici – conclude l’esperto – Ed è fondamentale comprendere che la gestione del dolore non può essere la stessa per tutti i pazienti, ma va personalizzata”.