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“Un mondo senza donne è poeticamente e spiritualmente inimmaginabile”. Intervista a Paolo Agazzi, autore del romanzo “Rose e il fabbricante di ombrelli”

La Ragazza dei Fiori è la musa custode del Prato Fiorito, tappa essenziale per le persone alla ricerca di se stesse. La ragazza cura le sue piante e accoglie con gioia i viaggiatori e i loro accompagnatori: gli psicopompi. Ride quando questi atterrano a bordo dei mezzi più disparati, perché nel Prato Fiorito è normale che le piante vengano nutrite con musica e poesia e che le persone volino per mezzo di valigie, ombrelli e carriole. Ma questa routine quasi normale viene interrotta dall’arrivo solitario dell’Uomo con l’Ombrello. Tocca a lui, lo psicopompo prediletto della Ragazza dei Fiori, recapitarle un messaggio inaspettato: è chiamata a una missione vitale che la proietterà sulla Terra. Perduta tra le vie buie della Città di Polvere, in fuga da esseri bislunghi e malefici, riuscirà la Ragazza dei Fiori a risvegliare il vecchio fabbricante di ombrelli e a sciogliere il nodo che strangola le esistenze degli esseri umani bisognosi di Bellezza?

Rose e il fabbricante di ombrelli come si lega al tuo romanzo precedente? Quale contesto può aspettarsi il lettore?

“Innanzitutto grazie Maria Laura per la tua attenzione per il mio lavoro. Sono felice di rispondere a queste tue domande molto interessanti.

Questa seconda avventura si svolge nel mondo che ho creato nel primo libro. Il contesto è lo stesso: nella storia esite il mondo reale, quotidiano, concreto e poi c’è un mondo “altro”, che forse è un altro piano della stessa realtà. O potrebbe anche essere il contrario: quello che crediamo il mondo reale è una nostra costruzione mentale. In fondo non è così importante. Quello che conta per me è offrire due punti di vista diversi, due (o più) piani di lettura.

Se si trattasse di un testo per una serie televisiva questo secondo lavoro lo definirei uno spin-off tratto da Due uomini, un ombrello e una valigia. Questa seconda storia potrebbe essere avvenuta prima o dopo quella originale; anche questo non è importante. La protagonista infatti è la Ragazza dei Fiori, il personaggio femminile che è già comparso nella prima storia. Mentre nel primo libro lei accoglieva e dava supporto ai viaggiatori che passavano dal suo Prato Fiorito, in questo capitolo sarà lei a viaggiare nel mondo degli uomini con uno scopo ben preciso.”

Chi è Rose, la Ragazza dei Fiori, e cosa rappresenta il suo personaggio?

“Questa è la stessa domanda che mi sono posto insieme ad una cara amica, grande fan del primo libro. Entrambi volevamo approfondire la conoscenza con questa ragazza che nel primo libro aveva un ruolo importante ma meno sviluppato dei protagonisti principali. La Ragazza dei Fiori è una musa, una dea dall’aspetto semplice ma di grande ispirazione per gli esseri umani che la incontrano. Ha la stessa importanza di Madre Natura e incarna la potenza della Bellezza, quella che ti toglie le forze quando la incontri e che ti cambia definitivamente.

Rose è anche e l’idealizzazione del femminile primordiale, portatrice di vita non dentro ma al di fuori di sé, nel mondo degli uomini ormai perduti nei propri automatismi. Rose è la ragazza della porta accanto che non osi invitare alla tua festa di compleanno e che ti fa battere il cuore quando la incontri fuori da scuola. E’ tutto ciò che la Bellezza ha concentrato nella Donna e che può abbattere ogni resistenza alla diffusione della Meraviglia. Posso dirti che ho scritto questo secondo libro proprio per conoscere Rose più in profondità e per scoprire la sua storia, le sue origini e il suo potere salvifico.”

Parlaci dell’ambientazione della storia

“Come faccio sempre, trovo molto più interessante astrarre le mie storie dalla nostra realtà passata, presente o futura. Istintivamente creo dei luoghi immaginari che si limitano ad evocare la nostra vita quotidiana e a simboleggiarne pregi e difetti. La residenza naturale della Ragazza dei Fiori è il Prato Fiorito, un luogo sacro, dove i fiori che sulla Terra sbocciano in stagioni diverse convivono condividendo lo stesso tempo. Un luogo dove il sole non tramonta mai completamente e dove le temperature sono sempre primaverili e piacevoli. Un prato dal quale spuntano oggetti totemici come libri, dischi di vinile, scalette da biblioteca, grammofoni.

E poi c’è la Città di Polvere: dove tutto è ormai ricoperto da una sottile polvere di carbone che proviene dalle fabbriche e dalle stufe a legna degli appartamenti impilati dentro i palazzi di cemento. Una città dove ci si sposta solo per andare in qualche luogo preciso, dove gli uomini si sono trasformati in figuri filiformi dagli occhi spenti e dove non si vede neanche l’ombra di una donna o di un bambino. La Città di Polvere è chiaramente una rappresentazione simbolica che ci ammonisce in merito al nostro stile di vita.”

Ho trovato molto significativa l’associazione fra la Donna e la Bellezza, e la necessità di preservare entrambe. Come hai trasmesso narrativamente questo tema così attuale? E quale idea vuoi suscitare?

“Da sempre gli artisti hanno rappresentato la Bellezza per mezzo della Donna, per motivi estetici ovviamente, ma io penso soprattutto per il suo carisma immortale. Sono stato criticato a volte per la devozione che dimostro verso la Donna in ogni mio progetto, ma la mia non è idealizzazione, sudditanza o piaggeria. La mia è una constatazione: un mondo senza donne è poeticamente e spiritualmente inimmaginabile. Non per nulla nella mitologia greca le dee e le muse rappresentano il motore delle vicende e della vita stessa degli uomini. Se l’uomo ha il compito di incarnare la forza e il dovere di usarla eroicamente e a fin di bene, ogni punto di svolta importante è praticamente sempre legato alla volontà di una donna, umana o divina. Le donne non solo generano tutti gli esseri umani, ma li accudiscono, li educano e li ispirano.

Purtroppo il tema è attuale a prescindere dalla mia storia: io credo che le donne, proprio perché sono così potenti vengano vissute dagli uomini più poveri di spirito come delle minacce. Sono certo che alla radice di ogni violenza su una donna ci sia l’insicurezza, la fragilità di un maschio non evoluto, o peggio involuto. L’ingiustizia che madre natura ha commesso è stata quella di dotare i maschi di una forza fisica tripla rispetto a quella di una donna e questo purtroppo rappresenta un pericolo quando questi corpi nerboruti sono controllati da una mente debole, inadeguata. Uccidere una donna è come uccidere la Bellezza stessa. E’ un istinto infantile quello di voler trattenere con la forza l’incarnazione della bellezza e pretenderne il possesso e l’esclusività.

Io vedo chiaramente l’immagine di un bambino che stringe al petto il suo giocattolo e che è disposto addirittura a romperlo in mille pezzi piuttosto che condividerlo o donarlo ad un altro bambino. Ecco io vorrei che questi esseri viventi di genere maschile, che non possiamo definire uomini, provassero ad immaginare un mondo privato delle donne e dei bambini. Vorrei che si rendessero conto di quanto sarebbe desolante vivere in una realtà simile e di come le loro stesse esistenze perderebbero di significato. Senza donne le nostre vite ci ridurrebbero alla funzione di semplici ingranaggi di un meccanismo azionato dall’alternanza di produzione e consumo, produzione-consumo… “Produci, consuma, crepa” cantava Giovanni Lindo Ferretti ai tempi dei CCCP.”

Quale ruolo hanno la musica, la poesia e l’arte?

“Sono tre elementi indispensabili per la mia sopravvivenza, esattamente come l’aria, l’acqua e il buon cibo. Privata di questi tre alimenti la mia anima morirebbe di stenti. La musica poi è sempre presente nella mia giornata, mi accompagna, sottolinea ogni momento e mi ispira. Per cui la ritrovi in tutto quello che scrivo, insieme alla pittura e alla poesia. Il mio carissimo amico e mentore Roberto Caravella ha scritto una cosa bellissima nella prefazione di Rose e il Fabbricante di Ombrelli: “Tutto è sottilmente musica, talvolta suggerita o dichiarata esplicitamente nei riferimenti musicali (Debussy, Satie, Bach, Davis, Baker…), ma più spesso la si può scorgere nella metrica; si percepiscono un ritmo e un cadenzare della prosa che riportano talora alle chansons duecentesche…”

Mettendo da parte la mia emozione nel leggere queste parole, posso dire che  Roberto ha descritto perfettamente l’importanza della musica e della musicalità nella mia scrittura. E’ un ingrediente che utilizzo in parte volontariamente per contestualizzare una scena, un pensiero, ma che in gran parte è presente a livello del mio inconscio e che fluisce dal mio cuore fino alle dita che battono sulla tastiera. Noi esseri umani abbiamo il dovere di creare, di realizzare Arte e Poesia, altrimenti la nostra non sarebbe una Vita, ma pura sopravvivenza animale.”

Colpisce lungo la narrazione come la ricerca interiore da parte di Rose, della propria identità e dei ricordi d’infanzia, sia avvenuta attraverso il contatto con un mondo completamente opposto al suo…

“E’ vero, credo che sia stata una buona scelta quella di portare Rose, un essere essenzialmente divino, proprio nel mondo degli esseri umani che normalmente vengono da lei aiutati e illuminati. Mi stimolava l’idea di ribaltare il soggetto di Alice nel paese delle Meraviglie. In fondo la Ragazza dei Fiori è ella stessa ambasciatrice della Meraviglia e cosa c’è di più importante di portare la Meraviglia in un mondo terreno ormai annichilito dal consumismo e dalla devozione verso le cose materiali? Persino una musa, che non ha memoria di una sua vita precedente come essere umano, deve attraversare il dolore, le difficoltà e l’ostilità degli uomini per poter ritrovare i ricordi della sua infanzia, per riscoprire la sua umanità e la sua fragilità di ragazza.”

Hai in mente dei progetti per questo tuo secondo racconto?

“Rose meriterebbe di tornare a vivere sul palcoscenico in effetti. Sarebbe un altro ribaltamento interessante. Il primo libro Due uomini, un ombrello e una valigia è nato come spettacolo teatrale dal quale ho poi sviluppato il romanzo; ora Rose e il fabbricante di ombrelli potrebbe fare il percorso inverso (invero il più comune) e tramutarsi da romanzo in copione teatrale. Sarebbe “meraviglioso”, non credi?

Ho in animo da tempo di riportare in scena Due uomini un ombrello e una valigia, ma al momento l’Uomo con l’ombrello e proprio lei la Ragazza dei Fiori si trovano a centinaia di chilometri da Torino, per cui… Ma tempo al tempo, ciò che deve accadere accade e non escludo in una réunion del cast originale a tempo debito. Per cui, potrei anche osare a tal punto da metterli in scena tutti e due a breve distanza tra loro. Sono abbastanza incosciente da prenderlo seriamente in considerazione, sempre che gli attori non mi gambizzino prima!”

Sei uno scrittore molto attivo, stai già lavorando a altre opere?

“In questo momento ho altri due progetti in corso: la scrittura di uno spettacolo teatrale per la mia amica Katia Capato, attrice e regista di grande levatura, e il lancio di un mio podcast che si intitolerà “Alla ricerca dell’Uomo perduto”. Per Katia sto scrivendo tre monologhi per tre personaggi femminili archetipici: in pratica è una scrittura che stiamo sviluppando insieme.

In merito al podcast invece, l’idea di trattare il difficile tema della “mascolinità” me l’ha data una musa, tanto per cambiare: una carissima amica errabonda che vedo ogni due anni circa e che durante il nostro recente incontro in pratica mi ha dato questo incarico. E dato che io prendo molto sul serio queste richieste che non arrivano mai per caso, ho abbracciato l’idea e mi ci sono buttato a capofitto. Ho già scritto le prime tre puntate e ho intenzione di lanciarlo sulle principali piattaforme a gennaio, con il nuovo anno.

E poi, nella mia testa esiste già il seme del terzo libro di questa che ormai possiamo considerare una trilogia; lascio a voi indovinare chi avrà come protagonista. Vorrei pubblicarlo nel dicembre 2025, per cui appena finito il copione per Katia mi darò da fare con il terzo libro. Direi che di carne al fuoco ce n’è e questo mi rende felice. Perché quello a cui tengo davvero è fare qualcosa di utile per gli altri attraverso la scrittura. Offrire anche solo uno spunto, un nuovo punto di vista, senza pretese ma con la massima onestà.

Ci sentiamo allora per la prossima intervista! Grazie Maria Laura.”

 

Paolo AGAZZI nasce a Torino nel 1967 e da dopo il diploma, la sua quotidianità è immersa nella tecnologia. Superati i quarant’anni incontra il teatro e si riavvicina alla sua vecchia passione: la scrittura. Scopre che i suoi testi sono molto adatti al palcoscenico e questo lo incoraggia a perseverare. Dopo l’esordio nel 2017 con il suo primo spettacolo autobiografico “Cinquanta, un’occasione come un’altra”, nel 2018 scrive e interpreta “Due Uomini, un ombrello e una valigia”. Durante la quarantena del 2020 il copione viene sviluppato in quello che è diventato il suo primo libro omonimo e oggi, a distanza di tre anni, vede la luce la seconda storia di quella che ormai è chiaro, sarà una trilogia.