Roma, grande mobilitazione per la Palestina: cronaca di una giornata nazionale
Ieri, 22 settembre 2025, Roma è stata il principale epicentro della giornata di mobilitazione nazionale in sostegno al popolo palestinese: cortei, presidi e uno sciopero generale convocato dai sindacati di base hanno paralizzato nodi del trasporto urbano e concentrato migliaia di persone in corrispondenza della stazione Termini e di piazza dei Cinquecento. Si parla di circa 50 mila presenze, forse anche di più, che si sono riunite e hanno sfilato insieme per questo popolo straziato dalla guerra. Al centro della protesta la questione degli armamenti e la richiesta di corridoi umanitari.
La composizione del corteo è stata eterogenea: studenti, lavoratori dei trasporti, operatori scolastici, associazioni e alcune realtà politiche hanno sfilato con bandiere palestinesi e striscioni contro l’invio di armi, contro la politica italiana verso il conflitto, a sostegno di una pace immediata, con interventi politici e umanitari concreti a favore di Gaza.
In alcune città d’Italia, la giornata non è stata priva di tensioni: a Milano, Bologna e altre piazze si sono registrati scontri con le forze dell’ordine, con feriti e fermi secondo le cronache nazionali; a Roma, la manifestazione si è svolta nella maggior parte del tempo in forma massiccia ma sostanzialmente pacifica, pur con episodi di occupazione di spazi universitari e momenti di forte pressione sui dispositivi di sicurezza.
Ciò nonostante, la manifestazione di ieri non è stata solo un momento di protesta: è stata un grido collettivo che richiama l’urgenza di pace. Un grido che attraversa età, etnie, religioni; che unisce famiglie, giovani, lavoratori, chi soffre. Perché oggi, più che mai, c’è bisogno di pace — non come parola vuota, ma come impegno concreto, come dovere di tutti.
Ogni volta che le immagini delle distruzioni, dei morti, dei bambini feriti, degli ospedali colpiti si affacciano sui nostri schermi, è impossibile restare indifferenti: stiamo assistendo da troppo tempo a una sofferenza intollerabile, a un massacro che non può essere normalizzato. La richiesta che circola nelle piazze di Roma — “stop immediato di ogni altro massacro e genocidio” — non è solo un appello: è una chiamata alle coscienze.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite è teoricamente l’istituzione che incarna i principi della pace, della sicurezza internazionale, dei diritti umani. Secondo la Carta delle Nazioni Unite, il suo mandato include la prevenzione dei conflitti, il mantenimento della pace, la protezione della popolazione civile, il rispetto del diritto internazionale umanitario. Tuttavia, nell’atto pratico, l’ONU si trova spesso in un vicolo cieco, poiché nonostante la possibilità di attuare decisioni e veti, si trova condizionata dal contesto geopolitico, dagli interessi nazionali dei paesi più potenti, dallo stato reale dei negoziati internazionali.
In conclusione, la manifestazione di ieri a Roma ha mostrato che, nonostante i muri fisici, geopolitici e decisionali, c’è ancora un tessuto umano che resiste: persone che chiedono dignità, diritti, pace. È una luce, debole in questo momento storico, ma importante. Oggi più che mai è necessario che quella luce non si spenga, ma che continui a illuminare le coscienze come un faro nella notte.
Foto di Fabrizio Casagrande