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Ritratto di Antonio Febi, scrittore di Vicovaro

Vicovaro – Essere scrittori in piccoli contesti, come ad esempio quello di Vicovaro, non è per niente facile. Bisogna affrontare di petto terreni ostici, solitudini, sforzarsi al massimo per risultati spesso minimi. Da molti è stata notata, però, negli ultimi anni, proprio per quanto riguarda Vicovaro, la rivalsa che questo paese si sta guadagnando in termini di attività e proposta culturale.

Antonio Febi – ad esempio – classe ’67, è un autore che da Vicovaro viene e in Vicovaro scrive. Possiamo dire, come regola generale, che uno scrittore di piccolo centro, per quanto riguarda il rapporto tra capacità della scrittura e limite del luogo, può seguire – detto brutalmente e in linea di massima – due direzioni principali, quella della letteratura come impegno sociale e quella della letteratura come evasione e/o contemplazione. In entrambi i casi – anche sovrapponibili o in qualche maniera intrecciabili – si assiste al tentativo di valicare un confine: contestandolo (prima linea) o utilizzando la fantasia letteraria come rifugio alternativo al reale (seconda linea). Antonio Febi, possiamo dire con accettabile certezza, appartiene a questo secondo filone.

La sua opera, che spazia in generi anche molto diversi fra loro, è però tenuta insieme da un nucleo concettuale costante, e cioè dal desiderio di costruire un livello di fantasia estraneo al piano reale. Possono certo essere simbolizzati (quindi nascosti) riferimenti, se non critiche, al mondo concreto; ma proprio un siffatto meccanismo, fortunatamente allusivo più che espressivo, denota l’opera di Febi in senso fantastico. Entrambi i suoi romanzi maggiori, infatti, piegano la narrazione verso il racconto d’azione mescolato a quello sentimentale: Un giorno qualunque e il sequel I custodi della prima luna giocano proprio sulla dialettica tra la “normalità” del protagonista – non un eroe, bensì un uomo caratterizzato da debolezze e qualità comuni, – e il contesto intricato, misterioso in cui si viene a cacciare. È secondo questa direzione, allora, che il campo più congeniale all’autore è forse quella della favola: Un Poppin a Roma – che chi scrive ha avuto anche occasione di presentare, un anno fa – è ad esempio una storia rivolta ai più piccoli, e che propone loro, tramite una vicenda magica e costruita sull’antico topos del viaggio, riflessioni anche grandi sui rapporti tra amici o tra genitori e figli.

E proprio con i bambini Antonio Febi si trova a suo agio: suoi libri sono stati presentati in varie scuole della Valle dell’Aniene, ma anche, il 24 febbraio scorso, nell’Istituto Comprensivo Via Fontanile Anagnino di Morena, a Roma. Scopo della sua scrittura, infatti, come spesso l’autore ripete, è quello di emozionare, coniugato proprio come possibilità di evadere dalle strettezze del quotidiano e, attraverso l’immaginazione, attingere alle larghezze del sognato. Nel mondo dei piccoli contesti geografici e della difficoltà della costruzione culturale, questo ha valore: è tentativo di guardare oltre, com-passione, alternativa utopica.