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Primo maggio; la festa del lavoro che non c’è. Celebrazioni in tutta Italia

La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori viene celebrata il 1° maggio di ogni anno in molti Paesi del mondo per ricordare l’impegno del movimento sindacale e i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale

WCENTER 0XMIDBKDKO                Una manifestazione di disoccupati in una immagine di archivio. Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre 2012 risulta pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali su base annua. Lo rileva l'Istat oggi 31 agosto 2012 in base a dati grezzi. Si tratta del tasso più alto, in base a confronti tendenziali, dal secondo trimestre del 1999.  ANSA  CIRO FUSCO

Editoriale – Etica, storia, tradizione, sacrificio. Queste le parole che fanno pensare alla cosiddetta festa dei lavoratori. Un appuntamento che celebrava il lavoro, la sua dignità nella continuità e per la sicurezza di vita delel famiglie italiane. Purtroppo dobbiamo usare il passato, perchè negli ultimi anni questo appuntamento è un dito nella piaga di un numero sempre piu’ crescente di persone. Storie difficili di vite lasciate al proprio destino da uno Stato che di fatto fa le orecchie da mercante. La classe operaia, i lavoratori delle miniere, questi erano i veri protagonisti della ricorrenza, e così come tutti quegli imprenditori che hanno saputo far nascere e crescere le loro imprese. Il ruolo dei sindacati è la storia intrisa anche di tante iniziative e battaglie combattute in epoche diverse per la tutela dei lavoratori. Con i livelli di disoccupazione attuali la potremmo definire la festa del lavoro che non c’è, ed è quindi un giorno in cui prende il sopravvento l’amarezza, lo sconforto. La classe politica è praticamente assente, ed oggi sono alcune organizzazioni sindacali a fare le veci anche dei vecchi partiti che un tempo con le loro segreterie organizzate costituivano un punto di riferimento per i lavoratori. La strilloneria sicuramente non serve, e nemmeno i grandi concerti oggi seppur belli ed appassionanti riescono a dare risposte e certezze ai tanti che il lavoro non ce l’hanno. E nemmeno a poter dire che vi siano prospettive di sbocco in vista. Nelle trasmissioni tv siamo ormai abituati a constatare quanto l’impossibilità di vivere in Italia per molte fasce sociali sia divenuto motivo di andare all’estero. Una emigrazione moderna che balza meno agli occhi delle cronache, ma che in qualche modo ricalca sotto certi aspetti le epoche dell’Australia, del Canada, e dell’Argentina, paesi nei quali moltissimi italiani arrivarono con le valige di cartone, e si sono costruiti una vita dignitosa. Oggi i giovani devono solo pensare ad andarsene, e molti pensionati scelgono di finire i loro giorni in stati esteri per godere un pò di serenità. E dunque lo stato dei privilegi, noncurante di un malessere sociale, è il filo conduttore di una politica che ha solo il merito di saper spargere quel necessario torpore che poi è la vera colpa del popolo stesso, un tempo sovrano.