PESCARA – A pochi passi dalla stazione ferroviaria di Pescara Porta Nuova, guardando la Maiella, si apre uno scenario che stride con l’idea di città vivibile e decorosa. Via Lago di Campotosto, appena cinquecento metri di strada, collega la stazione con una zona ad alta frequentazione urbana: l’Istituto Volta, la piscina comunale, il centro postale del CTO, la chiesa del Beato Nunzio e l’intero quartiere di San Donato.
Eppure questo tratto, che è forse il principale asse di collegamento per centinaia di studenti pendolari e cittadini, si presenta come una strada abbandonata: niente marciapiedi, nessuna pista ciclabile, carreggiata sconnessa, vegetazione incolta. Dal 2008, come testimoniano le immagini storiche di Google Maps, lungo un paio di piccoli nuclei di querce e canneti si accumulano rifiuti di ogni genere. Una discarica abusiva, presente da diciassette anni, che deturpa il paesaggio e mette in discussione il senso stesso di civiltà di questo comparto di periferia urbana.
A piedi e in bicicletta la percezione è profonda: questo luogo è degradato, ostile, insicuro. Chi passa di qui, studenti e cittadini, ma forse anche docenti e operai, forse ha maturato assuefazione e rinuncia, come se fosse normale camminare tra cumuli di immondizia. Ma non è normale. È tra l’altro una umiliazione silenziosa che ricade su chi sceglie o è costretto a muoversi senza automobile.
La responsabilità di chi abbandona i rifiuti è grave e inqualificabile; ma allo stesso modo non si può continuare a considerare soddisfacente e sufficiente l’azione, certamente meritoria seppur dovuta, dei soggetti preposti alla bonifica di queste aree quando il giorno dopo si è punto e a capo (da 17 anni almeno!).
Via Lago di Campotosto potrebbe e dovrebbe essere un viale alberato, sicuro, dotato di marciapiedi ampi, di una ampia pista ciclabile in sede propria, di illuminazione adeguata e di arredo urbano: forse anche un viale pedonale. Un collegamento funzionale tra la stazione ferroviaria e il quartiere, anche con una banale navetta, non l’attuale anonimo corridoio che ancora oggi è decisamente una discarica.
L’auspicio è che questa ennesima segnalazione non cada ancora una volta nel vuoto, e che magari voci di studenti, docenti, cittadini e associazioni riescano finalmente a eradicare una incivile consuetudine e a scuotere una pericolosa indifferenza. Perché una città civile si riconosce anche da come sono trattati gli spazi quotidiani più remoti, più nascosti, che non si vedono dalle vetrine del centro, ma che raccontano meglio di ogni altro commento la qualità della vita urbana.
Giancarlo Odoardi – Rifiuti Zero Abruzzo