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Muore dopo un intervento al cuore, avvocati vincono la causa: Tribunale condanna ospedale a maxi risarcimento

ROMA – Un intervento che non doveva essere eseguito, una catena di errori clinici e una vita spezzata poche ore dopo l’operazione. È questa la drammatica vicenda che ha portato il Tribunale di Roma a condannare l’azienda sanitaria del Policlinico Casilino al pagamento di un maxi risarcimento di oltre 627mila euro ai familiari di un uomo originario della Marsica.

I fatti risalgono al maggio 2019. Il paziente, 78 anni, viene ricoverato e sottoposto a un intervento chirurgico al cuore per l’impianto di un defibrillatore. Ma qualcosa va storto. Nel giro di poche ore, le sue condizioni precipitano improvvisamente: dolore toracico, aggravamento clinico, tentativi di rianimazione inutili. L’uomo muore nel tardo pomeriggio dello stesso giorno.

Secondo quanto emerso nel corso del processo, l’intervento non era indicato per il quadro clinico del paziente, né per l’età né per le patologie pregresse. Una decisione ritenuta errata e determinante dal giudice Luca Bruni, che ha riconosciuto la responsabilità del personale sanitario e il nesso causale diretto tra l’operazione e il decesso.

Determinanti sono state le consulenze tecniche disposte dal Tribunale, che hanno evidenziato come una corretta gestione clinica avrebbe richiesto una terapia farmacologica mirata, e non un intervento invasivo. Una scelta che, invece, ha innescato una sequenza di eventi fatali.

A rivolgersi alla giustizia sono stati i familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Berardino Terra e Domenico Martinelli, che hanno portato avanti una lunga battaglia legale culminata nella condanna dell’azienda sanitaria.

Nel dettaglio, il risarcimento comprende oltre 228mila euro per la moglie, più di 168mila euro per ciascuno dei due figli, oltre alle spese legali e al rimborso dei costi sostenuti. Una sentenza che rappresenta non solo un ristoro economico, ma anche un riconoscimento formale delle responsabilità.

Una storia che riaccende i riflettori sul tema della sicurezza delle cure, sull’appropriatezza degli interventi sanitari e sulla necessità di valutazioni cliniche rigorose, soprattutto quando si tratta di pazienti anziani e fragili. Perché, come stabilito nero su bianco dal Tribunale, quel bisturi non doveva entrare in sala operatoria.