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Massi su A24, il monito dell’Associazione Nazionale Difesa del suolo

ROMA – Dal dott. Carlo Frutti, Presidente dell’Associazione Nazionale Difesa del Suolo riceviamo ed integralmente pubblichiamo:

“La sicurezza passa attraverso analisi dei fenomeni, prevenzione, monitoraggio ed interventi di consolidamento attivo dei versanti  e protezione con barriere omologate ed adeguate. Un sistema pericoloso e vetusto di barriere di protezione da caduta massi. L’assenza cronica di sistemi di monitoraggio.

Dopo la tragedia sfiorata stamane sulla A24 tornano di attualità il dissesto idrogeologico e la sicurezza, come spesso accade, la causa è attribuita alle piogge intense, al maltempo, scomodando magari gli assetti climatici mondiali e l’effetto serra.  Purtroppo non è così.

Le cause vanno individuate in un uso del territorio dissennato e soprattutto nella sottovalutazione della stabilità dei suoli e dei versanti  laddove si interviene con la realizzazione di infrastrutture che incidono profondamente sul paesaggio e sull’assetto territoriale.

Dalle prime immagini è  evidente come le opere di difesa sono risultate evidentemente inadeguate, realizzate con tecnologie e materiali ormai desueti ed a forte impatto ambientale.

I tradizionali muri di sostegno in cemento armato, le funi e le reti passive, le barriere paramassi rigide oggi possono essere sostituite, grazie all’innovazione tecnologica,  con sistemi attivi e reti paramassi elastiche, debris flow (barriere per colate di detriti e fango), drenaggi profondi, microdrenaggi e la regimentazione superficiali delle acque, il tutto abbinato a sistemi di monitoraggio elettronico automatico H.24 controllati da remoto che consentono di bloccare le strade nell’approssimarsi di eventi di dissesto.

Basta guardare la foto della barriera, posta a “protezione”, per comprenderne la vetustà, la tecnologia giurassica delle paramassi rigide e soprattutto la “posizione” sbagliata.

La barriera è posta su un muro a ridosso della sede viaria, come spesso accade vedere sulle nostre strade.

Le barriere vanno  progettate sulla base di approfondite indagini geologiche per le fondazioni,  di analisi e studi traiettografici di caduta massi, per determinare le energie di impatto, l’altezza della barriera e soprattutto la posizione di posa, ovvero il punto dove tutte le traiettorie di caduta massi sono intercettate, ed il versante non è stato protetto e stabilizzato con sistemi di protezione attivi.

Oggi una normativa europea ETAG impone i parametri per l’omologazione delle barriere.

Solo le barriere omologate, certificate e contraddistinte dalla marchiatura CE possono essere installate con precise altezze minime in base alle energie di impatto e distanze adeguate per la deformazione in caso di impatto.

Non sempre avviene; anzi anche importanti amministrazioni “chiudono” un occhio !!!

Sono migliaia le “vecchie” barriere ancora sul territorio che nessuno si preoccupa di censire e di monitorare.

Basterebbe un censimento per datare l’anno di posa, la tecnologia, la posizione, lo stato di degrado e, dopo l’installazione di un sistema di monitoraggio automatico che controlli anche la stabilità dei versanti, pensare ad un piano di sostituzione e miglioramento delle barriere e delle opere di difesa del suolo.

Si deve puntare assolutamente sui sistemi di monitoraggio elettronico automatico controllabili da remoto che attivino sistemi di messa in sicurezza non appena si creano le condizioni limite per un crollo, una frana, e comunque siano in grado di bloccare in automatico il traffico (semafori, pannelli luminosi a messaggio variabile, sirene, sms agli utenti sul tratto stradale …) ed avvertire in tempo reale i gestori della infrastruttura.

Purtroppo, ancor oggi, il monitoraggio è inteso da alcune amministrazioni come un fastidioso strumento che le costringe a vigilare ed assumere responsabilità di intervento, quando, in assenza di sistemi di controllo, si può attribuire il tutto all’imponderabile.

Non è così.

Oggi tutte le situazioni di pericolo possono essere indagate e monitorate in tempi rapidi e con costi notevolmente inferiori ad interventi che, oltre a necessitare anni tra progettazione ed esecuzione, sono spesso inadeguati senza una profonda conoscenza dei fenomeni.

I fondi europei offrono la possibilità di intervenire con qualità e competenza sul territorio per sanare gli innumerevoli pericoli e sostituire le opere ormai inadeguate e degradate, ed attivare un sistema generalizzato di monitoraggio che abbia molteplici scopi: garantire la sicurezza degli operatori nel corso dei lavori, acquisire dati nel tempo per gestire la manutenzione, verificare l’efficacia e l’efficienza delle opere realizzate, allertare istantaneamente in caso di pericolo.

Chiedo che agli Ordini Professionali, alle Associazioni delle Imprese specializzate e delle Associazioni che si occupano di territorio, di attivare una azione di informazione e stimolo nei confronti di amministratori pubblici territoriali e del Governo, per un consistente investimento sulla riqualificazione e sostituzione delle opere ormai inutili e, anzi, pericolose, promuovendo uno sviluppo di tecnologie ed applicazioni di sistemi di monitoraggio anche coinvolgendo e strutture di ricerca universitarie e private.”