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La denuncia di una cassiera: noi in prima linea, tra gente senza protezioni e continue intemperanze

Avezzano – Quella dei cassieri e degli addetti alla vendita è una categoria della quale spesso non si parla abbastanza o che, comunque, non sempre gode della giusta attenzione. Non con la stessa intensità e ridondanza della quale, invece, hanno giustamente beneficiato altre categorie in prima linea nell’emergenza. Settori diversi, certamente, ognuno dei quali ha una propria identità e quindi specifiche criticità.

Chi si trova dietro a un bancone oppure a una cassa di un supermercato è altrettanto esposto al rischio Coronavirus e se una mascherina o un paio di guanti possono sottolineare l’importanza della prevenzione e degli accorgimenti necessari per fronteggiare questa emergenza sanitaria, non è detto che ciò che si fa per sé stessi possa essere sufficiente a scongiurare il pericolo. Non sono mancati, e non mancano tutt’ora, casi di contagi tra il personale di una attività commerciale che, nei casi più estremi, hanno anche portato al decesso della persona.

Ulteriore problema è quello di fronteggiare le intemperanze dei clienti e spesso la loro maleducazione e insolenza. Tra chi non vuole indossare le protezioni, chi non vuole rispettare la fila, chi non capisce l’importanza di determinate misure, non sempre è facile mantenere la calma o, addirittura, non spaventarsi per determinati atteggiamenti. D’altronde, non sempre è possibile conoscere l’identità di chi si ha di fronte, sapere se in queste settimane ha utilizzato le giuste accortezze oppure è stato a contatto con persone contagiate. In tempi come questi l’elemento paura ha una sua veste ben marcata e predominante nei rapporti interpersonali.

“Dopo che l’emergenza era esplosa e ormai chiara a tutti, i primi giorni sono stati terribili: la gente era impazzita, i carrelli erano strapieni, abbiamo lavorato come si lavora la settimana di Natale”, dichiara una cassiera marsicana che preferisce rimanere anonima. “Il cliente, munito di mascherina e guanti e rispettando le giuste distanze, fa la spesa grossa, come si suol dire, per poi ritornare dopo dieci o anche quindici giorni. Chi ha una buona e reale percezione di quello che stiamo vivendo si comporta così”.

Ma, purtroppo, non sempre è così. “C’è il cliente negligente e irrispettoso che di domenica mattina viene senza guanti e senza mascherina (offerti gentilmente da noi e da questo rifiutati con prepotenza) con una banconota da 20 euro per acquistare una busta di patatine del valore di 0,90 centesimi. Quando in cassa chiediamo di mantenere le distanze ci sentiamo rispondere, con arroganza, sfacciataggine e maleducazione, che stiamo esasperando il concetto. Si arriva anche allo scontro verbale, ma non capiscono che ciò che noi disponiamo è l’applicazione di una direttiva nazionale, specifica e valevole per tutti. E’ per il nostro e per il loro bene”.

“Non di rado capita che qualcuno si appoggi sul bancone, ma se glielo fai notare si scoccia. C’è chi tasta frutta e verdura senza guanti, totalmente disinteressato per le più elementari forme d’igiene. Come si può essere così egoisti e fregarsene della propria salute e di quella degli altri? Stiamo vivendo un’emergenza gravissima, nessuno è realmente al sicuro fino a che tutti non rispettano le giuste regole. È una lotta contro l’ignoranza! La paura c’è, c’è sempre stata sin dall’inizio, ad essere sinceri. Cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro donando anche un sorriso in più. Per quello bastano anche solo gli occhi”.