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Il valore del Liceo di Carsoli e il dovere di una comunità

di Roberta Rubini

CARSOLI AQ – Una delle preoccupazioni più grandi che serpeggia tra i genitori degli adolescenti che vivono nel comune di Carsoli e dintorni è che non ci siano sufficienti riferimenti culturali.

Fin qui tutto bene. Vero e condivisibile, almeno in parte.

Ma a un certo punto qualcosa non torna più nei discorsi e nelle voci che si rincorrono.

Mi riferisco in modo preciso a quelle chiacchiere che si moltiplicano intorno al Liceo Scientifico Omnicomprensivo del nostro paese.

Qui non è in discussione il fatto che ci sono ragazzi che per i motivi più svariati hanno lasciato e lasciano l’Istituto per iscriversi altrove; ciò è sempre accaduto, è un fattore fisiologico non solo per il liceo in questione, ma per tutte le scuole.

Ci sono persino casi di abbandono, trasferimento in altra sede e ritorno alla scelta iniziale.

Insomma non è questo il punto, sul quale non mi permetto di soffermarmi né tanto meno di entrare.

E’ invece da prendere in seria considerazione il fatto che si stia creando un clima ostile che rischia di portare alla chiusura di un istituto presente a Carsoli dalla metà circa degli anni ‘70 e per l’apertura del quale ci si è battuti strenuamente e con incredibile lungimiranza.

Siamo davvero sicuri di voler contribuire e partecipare alla chiusura dell’unica scuola superiore presente nel nostro comune?

Pensiamo davvero che questo gioverebbe a qualcuno?

Io non credo, credo fermamente che sarebbe un fallimento, una perdita enorme per tutta la comunità.

Ci sono professori che quando ce ne è stato e ce n’è bisogno, mettono a disposizione il loro giorno libero settimanale per rimanere al fianco delle esigenze degli studenti e professori che hanno incontrato durante il difficile periodo del lock down i maturandi presso i giardini pubblici di Carsoli, mentre da ogni parte d’Italia si insorgeva contro la spersonalizzazione e l’alienazione delle lezioni a distanza.

Sia chiaro ognuno è libero di scegliere la scuola che ritiene più adatta alle inclinazioni e alle esigenze di un ragazzo, ma denigrare una realtà che dovrebbe essere considerata un arricchimento e un’opportunità, mi sembra svilente e poco responsabile.

Voglio anche ricordare che il liceo scientifico di Carsoli ha fatto da volano  agli studenti che si sono approcciati alle più diverse professioni nel rispetto delle loro personali inclinazioni.

Tanti sono i progetti in cui da sempre il liceo di Carsoli è impegnato, progetti che non si dovrebbero dare per scontati, dato che in altre scuole sono di difficile realizzazione anche, ma non solo, a causa dell’altissimo numero di studenti iscritti.

Penso:

-ai viaggi di istruzione in Italia per il biennio

-a quelli all’estero per il triennio

-all’Erasmus in paesi dell’UE in entrata e in uscita

-alle uscite didattiche (mostre, cinema, teatri)

-alla lettura dei quotidiani in classe

-alle conferenze e alle commemorazioni come quella del 79° anniversario dei bombardamenti subiti da Carsoli durante la seconda guerra mondiale (organizzata dal liceo stesso)

-PCTO con volontariato della Croce Rossa e della Protezione Civile

-PON prima, PNRR adesso su tutte le materie, sia quelle prettamente scolastiche sia quelle extrascolastiche come il progetto ‘Pratiche filosofiche nello specifico filmico’, a cura del consulente filosofico Luigi Michetti

-Certificazioni linguistiche Cambridge

(a tal proposito, in questi giorni è arrivato dall’Università di Cambridge il riconoscimento all’Istituto Omnicomprensivo di Carsoli come ‘preparation centre’)

-Street science

-Incontri con gli scrittori (Erri De Luca, Franco Arminio, Giovanni De Blasis)

E come dimenticare l’incontro ad alto impatto emotivo e formativo con il capitano Ultimo.

Quindi anche quando, per qualsivoglia insindacabile e legittimo motivo, i ragazzi decidono di proseguire fuori da Carsoli il loro personale percorso scolastico, non dimentichiamo che noi genitori, noi adulti in generale, abbiamo il dovere morale di difendere, anche solo non screditando, l’unico baluardo di formazione culturale giovanile che abbiamo nel nostro paese: paese di frontiera, fragile ed esposto a ogni tipo di intemperia civile e sociale.

 

Roberta Rubini