I suoni della natura rompono il silenzio della civiltà ferita, la Piana del Cavaliere in quarantena
di Francesco Adduci Colle
Redazione – Un lunedì dell’Angelo surreale, come se si vivesse in un sogno. Eppure è triste realtà che non pensavamo certo di dover documentare. Il silenzio in ogni dove è celebrato con sensazioni, interpretazioni e approfondimenti. E da uno scatto che riproduce la Piana del Cavaliere in quarantena. Ed ecco una testimonianza che ci consente di apprezzare ciò che diventa parte integrante e sostanziale di un silenzio che si riprende la stessa natura in contrasto con una civiltà ferita e fermata dal virus. Di seguito la riflessione di Francesco Adduci Colle che invitiamo a leggere:
IL NOSTRO POSTO NEL MONDO
Queste giornate di quarantena possono servirci a scoprire una dimensione che la vita di tutti i giorni porta inevitabilmente, purtroppo, a farci dimenticare.
E così questa mattina mi sveglio di buon ora per fare una camminata nei boschi vicino casa. Pochi passi e sono già lì.
L’autostrada, che pure dista solo poche decine di metri, appare una vuota lingua d’asfalto che squarcia crudelmente la Piana del Cavaliere. Centri commerciali e nucleo industriale sembrano cattedrali nel deserto, utili solo a ricordarci la vita che, almeno al momento non può essere e non è.
Però l’elemento che mi colpisce di più è il silenzio, anzi no, non c’è alcun silenzio. C’è un insieme di suoni che la Natura ci regala e che, a sentirli, sembrano quasi costruiti ad arte. È qui che emerge tutto il suo primato: per quanto ci ostiniamo a deturparla, a violentarla, la Natura non soccomberà mai a noi, prima o poi si riprenderà quello che è inesorabilmente suo.
E così, tra un piegarsi di tronchi al vento, uccelli che segnalano la mia intrusiva presenza, e alberi dalle forme così scolpite che il più grande scultore meglio non saprebbe fare, concludo la mia passeggiata consapevole che l’estraneo in quel posto ero proprio io.”
Queste giornate di quarantena possono servirci a scoprire una dimensione che la vita di tutti i giorni porta inevitabilmente, purtroppo, a farci dimenticare.