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Halloween nella storia e tradizioni, il vero significato di questa festa

“C’è un sacco di speranza nella festa di Halloween. Si celebrano valori universali come la generosità, l’immaginazione, il senso della comunità. Nella tradizione, è sempre stata descritta come la notte in cui, una volta all’anno, si apre la frontiera tra il mondo dei vivi e quello dei morti. E’ bello pensare che oggi Halloween è un evento in cui, una volta all’anno, tutte le barriere tra le persone possono essere temporaneamente revocate.”

Lesley Bannatyne Autrice americana, studiosa di folkclore e tradizioni di Halloween.

Questa festa può ricordare un pò la VECCHIOTTA che la vecchia generazione attendeva con ansia.. per iul giorno dell’Epifania i bambini facevano il giro delle case a chiedere frutta e caramelle principalmente… è come il trick or treat (dolcetto o scherzetto?) di Halloween!  

Tenebrosa, coinvolgente, misteriosa, elettrizzante, spettrale, seduttiva, magica, … Quanti altri aggettivi si potrebbero aggiungere per definire la festa di Halloween? Una cosa è certa: lo spirito di Halloween è contagioso. Forse per questo motivo oggi la Festa di Halloween è una della celebrazioni più sentite e diffuse in tutto il mondo.

Da quando è nata, molto tempo fa, Halloween ha aiutato gli uomini a stimolare la loro creatività, a familiarizzare con le loro paure, a guardare la realtà da un altro punto di vista. Per i Celti Halloween era un modo per salutare l’arrivo dell’inverno. Per la Chiesa delle origini era la vigilia di Ognissanti (All Hallows Eve= la notte di Ognissanti). Nell’America dell’emigrazione Halloween è stata la prima festa multietnica e popolare. Dagli anni cinquanta è diventata la festa dei bambini e del simpatico motto Dolcetto o scherzetto? (Trick or treat?). Negli ultimi anni la notte del 31 ottobre viene celebrata come festa fantasy: una sorta di irriverente carnevale macabro. Oggi Halloween si può considerare a tutti gli effetti una festa globalizzata, con tanti modi diversi di essere celebrata nelle diverse parti del mondo.

Tradizionalmente Halloween rappresenta la notte in cui le barriere tra i mondi vengono aperte, in particolare quella tra il mondo dei vivi e quello dei morti,proprio per questo Halloween presenta come una doppia faccia: quella scura e tenebrosa, rappresentata da teschi, zombie e quant’altro di macabro e spaventoso ci sia, e quella delle origini, la cosidetta festa del raccolto, allegra,rumorosa e piena di colore, rappresentata dalle zucche intagliate e dagli scherzi innocenti (i famosi Trick). Lo storico Nicholas Rogers, ricercando le origini di Halloween, nota che molti studiosi hanno rintracciato le sue origini nella festa romana dedicata a Pomona – dea dei frutti e dei semi – o nella festa dei morti chiamata Parentalia, questa origine della celebrazione è meno conosciuta, infatti Halloween viene più tipicamente collegata alla festa celtica di Samhain. In verità nell’840, la festa di Ognissanti fu ufficialmente istituita il 1º novembre mentre era papa Gregorio IV: probabilmente questa scelta era intesa a creare una continuità col passato, sovrapponendo la nuova festività cristiana a quella più antica.

Anche se è tradizionalmente una festività statunitense, da qualche anno ha preso piede anche in Italia, ma non si tratta di niente di nuovo essendo una festa strettamente correlata alla festa di Ognissanti che si celebra il giorno successivo.

In varie regioni infatti viene celebrata dalla notte dei tempi:

Nel celebrare la commemorazione dei defunti, una tradizione vuole che i primi Cristiani, vagabondassero per i villaggi chiedendo un dolce chiamato “pane d’anima”, più dolci ricevevano e maggiori erano le preghiere rivolte ai defunti del donatore. A Massafra in provincia di Taranto gli anziani raccontano che il 31 ottobre i morti di notte escono dal cimitero in processione e percorrono le vie del paese vecchio con il dito acceso a mo’ di candela. Se incontrano un passante che va al mattino presto a lavorare lo uccidono e lo portano con sé. Queste anime del purgatorio entrano nelle chiese per celebrare messa. Una leggenda narra che una volta un vivo entrò in chiesa e quando il prete si girò per la benedizione verso la navata, il vivo si accorse che non aveva il naso e solo allora fu sopraffatto dagli altri morti.

Le anime del purgatorio erano molto rispettate nelle case dei nonni. Oltre ad un’apposita preghiera pronunciata ogni giorno durante il rosario, veniva loro riservato tutto l’anno un coperto vuoto a tavola, con tanto di sedia, forchetta o cucchiaio e tovagliolo. Le anime del purgatorio ritornano nel cimitero la notte dell’Epifania. A Serra San Bruno, in Calabria, è ancora viva la secolare tradizione del “Coccalu di muortu”. I ragazzini, dopo aver intagliato e modellato la zucca riuscendo a riprodurre un vero e proprio teschio (in dialetto serrese, appunto, “Coccalu di muortu”), gironzolano per le vie del paese tenendo in mano questa loro tetra creazione e, o bussando agli usci delle case oppure rivolgendosi direttamente alle persone che si incontrano per strada, esordiscono con la frase: “Mi lu pagati lu coccalu?” (tradotto letteralmente “Me lo pagate il teschio?”). Se volessimo dare un senso più logico e sequenzialmente più corretto, l’antica frase potrebbe essere intesa come “Guardi che opera d’arte che ho creato! Le piace? Mi piacerebbe che lei mi gratificasse ancor di più facendomi un’offerta in denaro!”. In Friuli era allo stesso modo diffusa la tradizione di intagliare zucche con fattezze di teschio, e la credenza che nella notte dei morti questi potessero uscire dalle tombe, muoversi in processione, irretire i bambini, ed infine che gli animali nelle stalle potessero parlare. Sempre in Friuli era diffusa una tradizione pressoché identica a quella del “dolcetto o scherzetto”, anche se applicata nelle festività natalizie o carnevalesche, feste che tuttavia hanno pure origine come riti di passaggio d’anno, similmente ad Halloween. In queste occasioni infatti i bambini, eventualmente travestiti da figure spaventose e mostruose, potevano bussare di porta in porta recitando filastrocche il cui significato era quello di chiedere dolci, noci o piccoli regali, in cambio di un augurio rivolto all’interlocutore di accedere al paradiso.

In Sardegna è conosciuta come Ie Animeddas, Su Candeleri, Su mortu mortu, Sas Animas, Su Peti Cocone, Su Prugadoriu o Is Panixeddas a seconda delle zone, ed è una tradizione antichissima e prevede anch’essa di andare per le case a chiedere di fare del bene per le anime dei morti, i bambini che bussano alle porte si presentano come “sos chi toccana” (“quelli che bussano” in lingua logudorese). In Sicilia, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, i cari defunti fanno visita ai parenti ancora in vita, portando doni ai bambini.

In Puglia, in specifico a Orsara di Puglia, un piccolo paese montano della provincia di Foggia, la notte tra l’1 e il 2 di novembre si celebra l’antichissima notte del “fucacost” (fuoco fianco a fianco): davanti a ogni casa vengono accesi dei falò (in origine di rami secchi di ginestra) che dovrebbero servire a illuminare la strada di casa ai nostri cari defunti (in genere alle anime del purgatorio) che in quella notte tornano a trovarci. Sulla brace di questi falò, poi, viene cucinata della carne che tutti insieme si mangia in strada e si offre ai passanti. Nella giornata dell’1, nella piazza principale, si svolge, inoltre, la tradizionale gara delle zucche decorate (definite le “cocce priatorje” – le teste del purgatorio, nel senso delle anime del purgatorio). Caratteristiche molto simili ad Halloween si riscontrano nell’antica festa di Sant’Andrea celebrata a Martis e in altri comuni dell’Anglona e del Goceano, in Sardegna: la notte del 30 novembre gli adulti vanno per le vie del paese percuotendo fra loro graticole, coltelli e scuri allo scopo di intimorire i ragazzi e i bambini che nel frattempo vagano per le strade con delle zucche vuote intagliate a forma di teschio e illuminate all’interno da una candela. I giovani, quando vanno a bussare nelle case, annunciano la loro presenza battendo coperchi e mestoli e recitando una enigmatica e minacciosa filastrocca in lingua sarda Sant’Andria muzza li mani!!… (Sant’Andrea mozza le mani) ricevendo in cambio, per questa loro esibizione, dolci, mandarini, fichi secchi, bibite e denaro.

Valentina Luciani