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Grande attesa a Vicovaro per “Cosmos”, quarant’anni dopo il gruppo torna in concerto d’autore

Vicovaro – L’appuntamento molto atteso a Vicovaro è per questo pomerigio alle ore 17.30, presso il GFNK Studio, per il concerto live “Cosmos in concerto d’autore”. 🎶
Il ritorno dello storico gruppo vicovarese è un modo per celebrare insieme l’arrivo del nuovo anno.

Cosmos è iun gruppo musicale composto da quattro ragazzi che nel 1974 diedero vita ad un percorso per la loro passione nell’arte espressiva musicale. Franco Scafetti, Nello Orfei, Giuseppe Valentini e Piero Sirini tornano dunque protagonisti in una serata “Le feste delle meraviglie” organizzat adal Comune di Vicovaro con il contributo della Regione LAzio e la collaborazione de La Valle Eventi e la parrocchia di San Pietro Apostolo.

Ed ecco la scaletta: Il concerto si aprirà con un omaggio a uno dei più celebri chitarristi viventi con un mix di brani da Oye como va,Black magic woman e Flor de luna.

Lucio Dalla Cosa sarà?

Bella domanda, quarant’anni dopo; a rigore, dovrebbe essere declinata, ora, nella forma: “Cosa è stato?”; e sono state tante cose. Una vita intera. Per persone della mia età, costringe a ripensare all’adolescenza, alla giovinezza; e alle circostanze in cui erano vissute, in un periodo molto diverso da quello attuale.

 

Vasco Rossi Un senso

pubblicato nel 2004 nell’album “Buoni e cattivi” che con oltre un milione di copie vendute diventerà il suo maggior successo commerciale . Rimasto ai vertici delle classifiche per oltre un anno, l’album venne trainato dal suddetto brano presente nel film “Non ti muovere” di Sergio Castellitto dello stesso anno e, sebbene non fosse inclusa nella colonna sonora ufficiale, venne premiata con il Nastro d’Argento. Nel testo Vasco si interroga sul senso di ogni piccola o grande cosa che avviene nella vita di ogni persona senza trovare una risposta precisa proprio perchè molte cose non avvengono per un motivo preciso ma sono parte di un disegno più grande di noi. Tante sono le domande irrisolte da quando esiste il mondo e non possono trovare soluzione semplicemente perchè non sono di competenza umana.

 

Francesco De Gregori Abbigliamento di un fuochista

fa il verso alle grandi canzoni popolari dell’Italia d’inizio secolo: Un vero capolavoro che De Gregori canta quasi sempre nei suoi concerti, un figlio che lavora alle caldaie, con la madre lontana (“Ma mamma, qui mi rubano la vita, quando mi mettono a faticare per pochi dollari nelle caldaie sotto il livello del mare”). Un contrasto stridente tra un uomo “reale”, emarginato, ma verosimile con l'”Uomo” dei ponti superiori, quello che si crede invincibile a cavallo com’è dell’infallibile modernismo, della tecnologia del novecento.

 

Antonello Venditti Dalla pelle al cuore

La canzone parla di tradimento e gelosia e parla del pentimento di un uomo dopo un’infedeltà. Un uomo che ha capito che con l’altra donna era solo fisicità e chiede amore e perdono alla compagna.

 

Bruce Springsteen”Working on a dream

è il primo singolo. Canzone criticatissima perchè ritenuta troppo morbida, per non parlare del polverone che si è sollevato per la fischiatina dopo il secondo ritornello. Io la reputo invece una canzone molto dolce e spensierata. Una di quelle canzoni che ti fanno iniziare la giornata col sorriso. 

Biagio Antonacci Sognami

Dedicata a colei per la quale il più grande desiderio è di essere sognati. Annullandosi nell’essenza di lei: “sono l’ombra che farai”. Godetevi la canzone, di rara armonia. La mia dedica va a colei, dalla quale vorrei essere sognato. A colei per la quale vorrei perdere me stesso, ritrovandomi in lei.

Fabrizio De Andrè Quello che non ho

 

Quello che non ho è la canzone di apertura dell’album del 1981 che, propriamente, si chiamerebbe solo  Fabrizio De André  Sia per la sua famosa copertina, però, che per il leitmotiv dell’intero album, va sotto il nome de “L’Indiano”; fu scritto in buona parte (compresa questa canzone) assieme a Massimo Bubola. Il leitmotiv dell’album (che molti, forse a ragione, considerano un “concept”) sono le culture tradizionali contrapposte al materialismo; sotto tale aspetto, l’album è costantemente un incrocio tra la culture dei nativi americani e quelle della Sardegna, in una sorta di “manifesto” di cui questa canzone rappresenta praticamente l’enunciazione capillare. La canzone si apre con i suoni di una caccia al cinghiale registrati in Sardegna) l’Indiano “spiega ciò che lo separa dall’uomo bianco e la differenza tra chi stermina la sua razza e chi non accetta mai di dimenticare la propria cultura”.

 

Pino Daniele Napul’è

Siamo nel 1977 quando un giovane  Pino Daniele pubblica il suo album d’esordio “Terra mia”. Il suo sound blues misto alla cultura napoletana diventa subito un fenomeno e grazie al suo talento come musicista oltre che come autore lo rendono presto una colonna della nostra musica nel mondo. Anno dopo anno, infatti, Daniele sfornerà successi su successi consolidando il suo ruolo tra i protagonisti della musica italiana. Il brano che da il titolo all’album “Terra mia” è sicuramente tra le perle della sua discografia ed è dedicato ovviamente alla sua terra d’origine come anche “Napule è” il brano che gli darà il passaporto artistico per il mondo. “Napule è”, infatti, è tra le canzoni più note ed apprezzate della sua storia e, nonostante il passar del tempo, rimane sempre molto amata anche per le tematiche affrontate che risultano ancora attuali. Il testo, infatti, parla delle contraddizioni tipiche della città di Napoli e di quelle sensazione di indifferenza mista a rassegnazione che è presente nel popolo napoletano. Daniele, quindi, esprime quel misto di sentimenti e di riflessioni che ogni napoletano che vive la propria città ha ogni qualvolta gira per le strade di Napoli. L’inconfutabile bellezza, le grandi tradizioni, la fama storica ma anche una noncuranza ed una indifferenza, dinnanzi a determinate situazioni che hanno reso possibile la diffusione nel mondo di luoghi comuni non proprio simpatici. Negli ultimi anni la cosa, se vogliamo, è anche peggiorata ma il senso del brano di Pino Daniele è ancora molto chiaro e veritiero per chi conosce bene questa città aldilà della meravigliosa cartolina che viaggia per il mondo, un simbolo della musica italiana e della cultura napoletana che ancora oggi continua a regalare pagine di storia per la nostra musica.

Credence Clearwater Have you ever seen the rain

 

la calma prima della tempesta potrebbe davvero rappresentare un giorno tranquillo squarciato da un bombardamento, così come è vero che la pioggia in un giorno di sole potrebbe rappresentare l’Agent Orange lanciato dagli elicotteri americani per stanare e sterminare i Viet Cong. La realtà è che una canzone dalle molteplici interpretazioni (e, comunque, qualsiasi opera in campo artistico) scritta tra il ’60 e il ’70, veniva indissolubilmente associata alla guerra del Vietnam. Stessa sorte quindi ebbe il capolavoro dei Creedence Clearwater Revival, la canzone delle sorprese, di una vita spesa a dormire con un occhio aperto. La malinconia impressa su disco: Have You Ever Seen The Rain?.

 

Sergio Caputo  L’astronave che arriva

 

pezzo dal testo onirico e dalla ritmica latina. Gli strumenti a fiato sono ancora l’elemento trainante mentre il piano e la batteria si occupano della sezione ritmica insieme al basso, che nelle canzoni di Caputo è sempre molto curato e funzionale al pezzo. Lo stesso Caputo parlando di questa canzone disse: “L’astronave è un brano che parla della grande utopia, bella in astratto, ben più complicata da realizzare. E nell’attesa che la grande utopia si realizzi da sola, viviamo vite confinate nel quotidiano, accontentandoci sogni, a volte ermetici a volte più romantici, nella convinzione che l’amore è spesso la sola certezza alla quale aggrapparci, fino al giorno in cui distratti dal “festeggiare eroi leggeri” ci rendiamo conto che l’astronave (cioè l’utopia di un mondo migliore, diverso) è già passate e ci dobbiamo accontentare di emozioni più omologate.

 

Francesco De Gregori Il bandito e il Campione

è stata scritta da Luigi Grechi (nome d’arte di Luigi De Gregori, fratello del più noto Francesco). Si ispira a un fatto realmente accaduto, raccontato a Grechi dall’amico Giancarlo Cabella: Sante Pollastri (1899 – 1978), originario di Novi Ligure e amico d’infanzia del famoso ciclista Costante Girardengo, era un bandito e assassino, particolarmente ostile nei confronti di Poliziotti e Carabinieri (ne ucciderà quasi una ventina), forse a causa di traumi subiti nell’adolescenza (si racconta che il fratello, gravemente malato, fosse stato ugualmente costretto ad arruolarsi per poi morire in caserma). Le sue gesta sono poco note, in quanto filtrate dalla censura fascista, ma pare certo il suo coinvolgimento in numerose rapine realizzate allo scopo di finanziare i movimenti antifascisti, in particolare quello anarchico. Viene arrestato, in seguito a una soffiata, a Parigi, dove si era recato per assistere all’arrivo dell’amico Girardengo, del quale era un grande tifoso, avendo condiviso con lui fin dall’infanzia la passione per il ciclismo. É ancora ignota, e probabilmente lo resterà per sempre, l’identità della spia, anche se molti sostengono che sia stato lo stesso Girardengo a tradire l’amico, col quale si era tenuto in contatto anche durante la latitanza. Condannato all’ergastolo, verrà graziato nel 1959

 

 

 

Zucchero Diamante

 

dedicata alla nonna dell’artista emiliano, che si chiamava proprio Diamante Arduini Fornaciari. Il testo è stato scritto da Francesco De Gregori su richiesta dello stesso Zucchero che, come da lui stesso dichiarato, temeva di scrivere parole eccessivamente “sdolcinate”, essendo troppo coinvolto emotivamente. Le parole delicate e la melodia avvolgente cullano l’ascoltatore e lo portano alla scoperta di un tempo ormai passato e lontano, quello del Dopoguerra. L’atmosfera della campagna, in particolare della Pianura Padana emiliana, in cui è ambientata la canzone, si percepisce con evidenza. I riferimenti ai granai, ai fornai e ai nevai contribuiscono a creare un clima soave e leggero

 

Police Every Breath You Take

una delle canzoni più conosciute dei Police. Il trio inglese formato da Sting (basso e voce), Andy Summers (chitarra) e Stewart Copeland (batteria). La fortunatissima canzone è contenuta nel quinto album della band, “Synchronicity”, del 1983. Album che contiene anche altri classici come “King of Pain” e “Wrapped Around Your Finger”. La canzone sembrerebbe una canzone d’amore, tanto che viene suonata anche ai matrimoni, ma non è così. È una canzone che parla di gelosia, controllo e, soprattutto, dell’ossessione di un uomo per una donna come ha dichiarato lo stesso Sting. Si parla infatti di continuare a seguire questa persona in ogni sua azione quotidiana per raggiungere dei livelli, praticamente, maniacali. Stando alle parole del famoso bassista e cantante, il pezzo presenta una struttura abbastanza semplice e lineare con degli accordi “quasi banali”.

 

Francesco De Gregori La leva Calcistica della classe ‘68

 

De Gregori parla di calcio, certo, ma nel suo significato allegorico di specchio dell’esistenza. Come su un rettangolo verde, così lotti nella vita, vinci o perdi, sudi, soffri, gioisci. C’è un’etica, una dirittura morale, che, così come nello sport, informa le scelte dell’esistenza. Ma c è anche il fato, o una momentanea debolezza, o un lapsus, per cui il rigore determinante, quello che cambia il corso degli eventi, può essere sbagliato anche dal migliore, nonostante “ metta il cuore dentro alle scarpe e corra più veloce del vento”. Il protagonista della canzone fa parte infatti di una schiera di magnifici perdenti, di quei “ giocatori tristi che non hanno vinto mai”, che nessuno ormai più ricorda e che si sono giocati tutto in un unico, esiziale frangente.

 

Antonello Venditti Che fantastica storia è la vita

 

Ricordiamo con immenso affetto e continuiamo ad apprezzare nel tempo questo magnifico e significativo brano .Tra queste bellissime note viene descritto dall’artista il suo amore per la vita e un immensa gratitudine al destino. Una melodia che  incoraggia e trasporta, spinge a lottare sempre per i sogni

 

Lucio Dalla L’ultima luna

Un testo che per molti ha un significato enigmatico, si immagina che qui Dalla sia partito dall’idea dei mesi che ci vogliono per il concepimento di un bambino e sulla scia di questa suggestione abbia raccontato la vicenda di tante lune quanti sono i potenziali aborti. Ogni mese viene quindi a coincidere con situazioni di mortifere, siano esse pubbliche (come il riferimento agli zingari o ai prigionieri in fila lungo le rotaie, che rievocano crude scene del Novecento) o private (come la testa di un signore). Finchè solo l’ultima vede un bambino che è in grado di affacciarsi alla vita. L’ultima luna la vide solo un bimbo appena nato, / aveva occhi tondi e neri e fondi / e non piangeva / con grandi ali prese la luna tra le mani, tra le mani / e volò via e volò via / era l’uomo di domani l’uomo di domani / e volò via e volò via / era l’uomo di domani l’uomo di domani. Ormai al passato non possiamo che recriminare la violenza, il dolore generati, ma al futuro possiamo ancora guardare con speranza, perché il bambino che nasce oggi sarà l’adulto di domani, che avrà il coraggio di prendere la luna in mano e fare altre scelte. Forse ho ‘ricamato’ troppo intorno al possibile significato di questo testo.. ma una riflessione intorno alla gestazione è l’unico filo conduttore che mi è venuto in mente …

Vasco Rossi Sally

 

è la donna che ha errato, che ha subito, che ne ha abbastanza di tutto e tutti. Sally si è vista crollare addosso tutto, che ha provato l’amarezza. sally ormai guarda la gente con aria indifferente, perché ormai lei ha vissuto cose che hanno vinto le sue paure. Sally forse vuole dire che nonostante tutto quello che ha passato, ci sarà una bella fine, forse ne varrà la pena. forse arriverà il giorno in cui sarà ripagata, forse non è stato poi tutto bruciato, sbagliato. In Sally c’è una donna che ha la speranza di ricominciare, nonostante l’amarezza che ha conosciuto. Cerca di trovare del buono nei soprusi passati. Sally crede che forse bisogna ricominciare e vivere

 

Dalla-De Gregori Sono un Gigolò

Un pianista imbarcato sui bastimenti scrisse per gioco questa canzone. Un giorno un musicista tedesco imbarcato la ascoltò e la incise su disco riscuotendo un successo strepitoso.  “ Jast a gigolò “ incisa nel 1929 diventò un brano mitico, interpretato nel corso degli anni passati da una miriade di artisti, da Bin Crosby, Louis Prima, Marlene Dietrich ai più recenti Village People.

Fabrizio De Andrè Andrea

Una canzone contro la guerra sullo sfondo di una storia di amore omosessuale. L’interpretazione più comune della canzone è che il soldato morto non sia Andrea ma il suo amato. L’amore di Andrea , “riccioli neri”, muore combattendo per la propria patria e Andrea apprende la notizia leggendo il foglio con “la firma di re”. Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo poetico, i figli della luna; alle persone che noi chiamiamo gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Mi fa piacere diceva Fabrizio cantarla così, a luci accese, a dimostrare che oggi si può essere semplicemente se stessi senza bisogno di vergognarsi. La canzone parla di un figlio della luna, vittima della guerra. L’ambiente richiama il mondo delle fiabe, ma il dolore per la perdita dell’amato è tragicamente reale. Così Andrea si suicida gettandosi nel pozzo più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto.

Vasco Rossi Vivere una favola

tra eccessi e malinconia subentra la descrizione di una depressione autentica, ed è “Vivere una favola“.

In questa canzone si descrive un senso di depersonalizzazione, un uomo che si sente isolato e distante, mentalmente, dalla vita che gli si muove intorno in maniera vorticosa. La modernità, l’evoluzione rapida delle mode e dei significati lo lasciano indifferente, o lo angosciano anziché essere attrattive. Vive in bilico tra il desiderio di “correre nei prati” con tutte le altre persone che lo lasciano indietro e quello di far fermare tutto e di godersi una pace assoluta su una nuvola, su un’isola.

 

Zucchero Un soffio Caldo

scritta da Guccini e Zucchero parla del desiderio che tutti noi abbiamo di cambiare vita, di cambiare aria, voglia di libertà….ma questo magari è solo una nostra chimera (SOGNI CHE A VOLTE S’INFRANGO AL MATTINO, SPENGONO L’ALBA , CI SPENGONO…….MA QUANTI CANI MORDONO IL NOSTRO CAMMINO…MA I SOGNI SAI NON DORMONO MAI…UN RESPIRO D’ARIA NUOVA). Tutti noi sogniamo un mondo libero, un “respiro d’aria nuova, ma una volta svegliati i sogni finiscono e ci rendiamo conto di tutti i “cani” che ci impediscono di sognare e fantasticare .

Sergio Endrigo Io che amo solo te

è una dolce canzone di Sergio Endrigo, uscita per la prima volta nel 1962. Il brano è stato poi cantato da Mina, Ornella Vanoni e Fiorella Mannoia , di cui vi proponiamo la versione. La canzone è una dichiarazione d’amore e di fedeltà eterna all’amato per aver riempito una vita che altrimenti sarebbe stata vuota

Blus Brothers “Sweet Home Chicago”

fu scritta da Robert Johnson nel 1936 rielaborando i brani blues “Honey dripper blues”, “Red Cross blues” e “Kokomo blues” (della quale riprendeva la linea melodica e parte del testo). La canzone riprende in parte anche la melodia di un altro notissimo blues, “Baby Please Don’t Go”, di Big Joe Williams, registrata nel 1935 (e ripresa tra gli altri da vere e proprie icone quali John Lee Hooker e Muddy Waters). Divenne uno standard della musica blues nonché una della più note canzoni dedicate alla città di Chicago (adottata come proprio “inno” dall’Ufficio del Turismo locale); Johnson riadattò il testo di “Kokomo blues”, sostituendo “back to Kokomo” con “back to my sweet home Chicago”. Mantenne tuttavia un riferimento, ai più incomprensibile, alla California: la frase “back from the land of California to my sweet home Chicago” appariva infatti come un nonsense dal punto di vista geografico (trattandosi di una distanza di quasi 3.000 km). Non si trattava però di una clamorosa svista di Johnson; il grande bluesman americano voleva infatti rimarcare come la California, Chicago o qualsiasi altra località degli Stati Uniti rappresentasse negli anni ’30 una sorta di “terra promessa” per i neri degli stati del sud, in fuga dalle persecuzioni razziali.