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“Due uomini, un ombrello e una valigia”: il libro di Paolo Agazzi per riscoprire la meraviglia a bordo di un mezzo speciale

"L’uomo con la bombetta stava indicando la parte bassa della valigia usando la punta del suo ombrello. Il commesso viaggiatore si inchinò, scettico, per osservare in quella direzione. Non poteva crederci! Dal fondo della sua valigia spuntavano quattro ruote di quelle da carrelli industriali".

Si può vivere un’intera vita aspettando sempre lo stesso treno, alla stessa ora, per andare nello stesso posto? Si può dimenticare come guardare il mondo con gli occhi della fanciullezza, perdendone la semplice magia? Sì, accade a tutti. Un uomo, ormai ingrigito dalla conformità, incontra una guida che lo strappa alla sicurezza delle sue abitudini e lo accompagna in una ricerca fatta di suoni, sberle e  filastrocche. Facendo vela a cavalcioni di una valigia, l’uomo, insieme alla sua guida, conoscerà dei personaggi fantastici che gli faranno riscoprire come vedere il modo con gli occhi di un bambino.

PAOLO AGAZZI nasce a Torino nel 1967. Dopo una breve esperienza in Aeronautica Militare, si colloca in campo tecnico. Nonostante gli impegni lavorativi che lo portano spesso fuori casa, coltiva la propria creatività attraverso la scrittura, la musica e la recitazione teatrale. Nel 2017 porta in scena il suo primo spettacolo autobiografico CinQuanta, un’occasione come un’altra. Sulla scia di questo successo scrive Due uomini, un ombrello e una valigia (Bookabook, 2022) e, dopo averlo creato sulla carta, gli dà vita sul palco, ricoprendo lui stesso il ruolo dell’uomo con la valigia.

Oggi incontriamo lo scrittore Paolo Agazzi per scoprire alcune curiosità sul suo primo romanzo Due uomini, un ombrello e una valigia. La sua è una storia che mi ha ricordato i personaggi kafkiani, alle prese con surreali eventi della vita e l’inettitudine nel labirinto del mondo. Ma diversamente dai personaggi di Kafka, che ci narrano della solitudine monadica dell’uomo, nel racconto di Paolo la compagnia di un uomo bizzarro sarà decisiva per il protagonista nel riprendere in mano la propria vita, riscoprendone la meraviglia intrinseca.

Grazie Paolo per essere con noi a parlare del tuo libro. Come ha preso forma nella tua mente una storia così originale?
La mia mente lavora per immagini e suoni. Sono un artista reattivo. Reagisco agli stimoli. Ascoltavo l’album di un mio caro amico, un incredibile musicista e compositore che si chiama Fabrizio Klam… Mi capita sempre: la musica mi proietta in una dimensione e visualizzo un’immagine, una scena. Ho visto un uomo in piedi, solo, sulla banchina di una stazione deserta. Di fianco a lui una valigia, colma di una storia che era solo da raccontare. Mi sono seduto alla tastiera, ho aperto una pagina vuota e ho iniziato a scrivere. Ho solo scritto quello che la mia immaginazione mi raccontava, in tempo reale, senza nessun progetto e senza sapere dove questa storia mi avrebbe portato.

Hai delle abitudini irrinunciabili quando scrivi?
Devo essere solo. Seduto alla mia scrivania, circondato dagli oggetti della mia casa, che raccontano la mia vita passata e presente. Prediligo l’autunno e l’inverno per la scrittura: se fuori piove o meglio nevica è il massimo. E poi ascolto sempre “la musica giusta”… Scelgo con attenzione la colonna sonora delle mie ore di scrittura. E’ benzina per la mia immaginazione. E poi, da buon veneto, un prosecco prima di pranzo e una grappa la sera sono un rituale praticamente sacro.

“L’uomo con l’ombrello” è un compagno di viaggio stravagante e imprevedibile, quale importanza assume nel corso degli eventi?
L’Uomo con l’Ombrello è lo Psicopompo: la guida ultraterrena che ci accompagna nel viaggio nel profondo del nostro inferno interiore. E’ una figura archetipica, mitologica, ma è anche il guidatore del tram che ci accompagna a casa la sera dopo una giornata di lavoro. Che sia Caronte, Virgilio, Don Juan di Carlos Castaneda, il Grillo Parlante o il Mago Merlino, abbiamo sempre bisogno di una guida che ci mostri la via, o meglio che ci accompagni fino al bivio della nostra vita. Ma da che parte svoltare lo decidiamo noi. L’Uomo con l’Ombrello è lo psicopompo del terzo millennio, la versione odierna di una figura mitologica indispensabile per l’uomo.

Parlaci del cambiamento significativo avvenuto nel protagonista.
Noi resistiamo sempre al cambiamento. Sempre. E’ un meccanismo di sopravvivenza. Siamo tutti l’Uomo con la Valigia. E lo siamo molto presto, non è necessario raggiungere la “mezza età”. Ci sono ragazzi imprigionati già a 25 anni, dediti a testa bassa al soddisfacimento delle aspettative altrui. Quelle dei genitori, dei professori, del datore di lavoro, delle fidanzate e dei fidanzati… Solo quando affrontiamo una crisi, quando qualcuno arriva e ci rapisce, ci catapulta in un altro posto, al di fuori della nostra zona di confort, inizia la Vita vera. L’Uomo con la valigia aveva bisogno di essere salvato e ci sono gli psicopompi per questo. Ma il cambiamento richiede tempo, deve avvenire attraverso un percorso, tappa dopo tappa. E l’Uomo con la valigia ci fa solo da apripista, ci mostra la via. Il suo compito è raccontarci che si piò e si deve cambiare
a seguito di una scelta.

Ci hai narrato della riscoperta della meraviglia, cosa significa per te questa parola?
La Meraviglia è l’essenza della vita stessa. Cosa saremmo se perdessimo la capacità di stupirci? Saremmo tutti James Bond: mai a disagio, sempre adeguati in ogni situazione e soprattutto mai colti di sorpresa da nulla. Sarebbe una noia mortale. Mortalmente prevedibile e sedante. Un coma indotto dalle false sicurezze che ci hanno inculcato fin da bambini accecandoci e redendoci incapaci di vedere tutta la Bellezza che ci circonda ogni giorno.

Quale colonna sonora sceglieresti per il tuo romanzo?
La mia creatività ha una colonna sonora per ogni sua forma di espressione. In questo ciclo dell’Ombrello (perché questo è il primo di tre libri) gli autori che formano la colonna vertebrale di questo universo sono Claude Debussy, Erik Satiè e Maurice Ravel. L’Impressionismo è canone espressivo che mi ha formato e che costituisce le fondamenta di questo libro. Se devo citare un brano su tutti: Erik Satie – Gnossienne No.4

Come definiresti questo libro e a quale genere letterario lo senti più vicino?
La mia scrittura nasce dal teatro e mi ritengo drammaturgo prima che scrittore. E’ una storia nata per essere portata sul palcoscenico da degli attori in carne e ossa, per cui, senza fare un riferimento diretto a Michail A. Bulgakov, lo definirei un “romanzo teatrale”. Che poi il teatro è fiaba, fantastico, realtà aumentata che sfocia nel surrealismo. E questo è il linguaggio che ho utilizzato istintivamente nel romanzo.

Hai una nuova opera in uscita, puoi svelarci qualcosa di più?
Certo che sì! Sto per pubblicare il secondo libro della saga: ROSE E IL FABBRICANTE DI OMBRELLI. Se si trattasse di una serie televisiva potremmo definirlo uno spin-off. E’ una storia completamente dedicata alla Ragazza dei Fiori che è uno dei personaggi del primo libro.

Una sera chiacchieravo con una mia amica, grande fan di DUE UOMINI, UN OMBRELLO E UNA VALIGIA e siamo finiti a parlare di lei, Rose (allora non aveva ancora un nome proprio)… Erika, la mia amica, che è una creativa con i controfiocchi, mi ha detto “io adoro la Ragazza dei Fiori, mi ci ritrovo tanto e vorrei saperne di più su di lei, conoscerne la storia passata e futura…” E io ho risposto di pancia, senza la minima esitazione “ma lo sai che anch’io voglio scoprirne di più su di lei? Quindi sai cosa farò? Scriverò un intero libro dedicato a lei.” E così ho fatto. Non chiedevo altro: poter tornare in quel mondo che ho creato con molta umiltà e che significa tanto per me.

Scrivere il secondo librò è stato una vacanza, non mi è pesato neanche un minuto dei giorni spesi alla tastiera, quasi in apnea, fermandomi giusto per mangiare e dormire. E quando inevitabilmente dovevo sospendere par qualche giorno la scrittura, stavo in pena per Rose, perché non sapevo cosa le sarebbe successo. Sono sicuro che chi ha amato il primo libro si perderà nel secondo e rimarrà in attesa del terzo.