Roma – Il cuore del Teatro dell’Opera batte al Circo Massimo. Un antico edificio, l’ex pastificio Pantanella, dagli anni Trenta ospita non solo un grande laboratorio, dove nascono le scenografie per gli spettacoli, ma anche il deposito dei costumi. Che sia un luogo veramente speciale lo si capisce appena varcata la soglia del portone. Dopo aver attraversato la falegnameria si sale con un montacarichi al terzo piano. Entrando nel deposito si viene travolti da un’ondata di colori e di bellezza, impossibile non rimanere affascinati. In questo luogo magico, con un panorama mozzafiato sul Circo Massimo e sul Palatino, presente, passato e futuro si fondono, così come tradizione e innovazione, si respira il profumo dell’arte, della storia, del palcoscenico.
Ci sono costumi di tutti i generi, indossati dai più grandi artisti di lirica e balletto: Luciano Pavarotti, Maria Callas, Placido Domingo, Rudolf Nureyev, Carla Fracci, Roberto Bolle, solo per citarne alcuni. “Abbiamo i costumi dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri, complessivamente sono circa 65mila, tutti spettacoli andati in scena al Teatro dell’Opera. Il numero aumenta costantemente perché ogni anno ne produciamo 200/300. A breve avremo anche un magazzino al Quarticciolo, qualcosa porteremo lì” – spiega Anna Biagiotti, capo sartoria, un passato alla Scala di Milano, ma da 35 anni al Teatro dell’Opera di Roma.
C’è l’imbarazzo della scelta, si passa dagli abiti della Callas in Norma a quelli della Tebaldi in Tosca, dai costumi della Scotto in Madama Butterfly a quelli di Del Monaco in Otello. Alcuni possono arrivare a valere anche 3/4mila euro. Su ogni abito di scena sono cucite delle etichette che riportano il titolo dello spettacolo, il personaggio e il nome dell’artista che lo ha interpretato. Un aiuto fondamentale per orientarsi e riuscire a utilizzare tutto questo materiale, molto spesso richiesto in affitto da altri teatri. “Il nostro vero archivio è la memoria, di solito sono divisi per titolo – sottolinea la Biagiotti – ora stiamo preparando 25 bauli con più di 300 costumi, più i cappelli, le parrucche, le calzature, tutto materiale che partirà a giugno con la nave per raggiungere il Giappone, dove a settembre sono in programma la Tosca e la Traviata. Tutto ciò significa tirare fuori i costumi, verificare le misure, togliere i difetti, fotografarli, descriverli e consegnare tutta la documentazione per l’esportazione”. Alcuni abiti particolarmente delicati, con ricami e pitture, prima di essere inviati, vengono lavati in una sartoria specializzata di Roma.
In una stanza ci sono i costumi del balletto Giselle, appena tornati dalla tournee in Oman, mentre una richiesta è arrivata pochi giorni fa dal Teatro di Montecarlo per il Don Carlo. “Stanno cercando costumi di quell’epoca, del Cinquecento. A volte invece li dobbiamo attualizzare”. Un lavoro che viene svolto dalla sartoria che prepara artigianalmente anche costumi nuovi su misura o li adatta alle esigenze degli artisti. “Quando le taglie sono completamente diverse dobbiamo rifarli per forza. Non è semplice riuscire gestire le insicurezze e le fragilità degli artisti, gente che deve esibirsi dal vivo davanti a migliaia di persone – conclude Anna Biagiotti – Non sempre possiamo fargli indossare il vestito da principe o principessa. Il baritono Renato Bruson e il soprano Daniela Dessì, ad esempio, erano bravissimi ma molto esigenti, Placido Domingo, un uomo tranquillo ed educato. Con i ballerini è più semplice, hanno taglie simili, loro sono costantemente in movimento e non devono pensare al costume, mentre generalmente il coro è più difficile da accontentare”.