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Dialogo con l’autore Alex Rinaldi sul libro di aforisimi e poesie “Storia di un usuraio”

Raccolta di poesie e aforismi che racconta come talvolta i sentimenti quali l’amore e l’affetto e le situazioni della vita possano portare un uomo a divenire l’usuraio di se stesso, isolato a causa dell’incomprensione altrui e sempre alla ricerca di nuovi stimoli per comporre qualcosa di proprio e soprattutto sincero, pur se originato da momenti di sofferenza. Apparentemente malinconica, l’opera spicca invece di vitalità e ha lo scopo di far comprendere come si possa creare qualcosa di autentico e positivo, anche nei momenti in cui si è gli usurai di se stessi.

Alex Rinaldi nasce a Fano (PU), marche, il 14/05/2002 e vive a Lucrezia di Cartoceto. Fin da piccolo approccia con la scrittura componendo poesie o brevi racconti che l’autore terrà per sé fino all’età di 18 anni. Ha frequentato l’Istituto tecnico agrario A. Cecchi a Pesaro, in quanto affascinato da sempre dagli ambienti naturali. Qui si diploma nel 2021 con 100/100 e Lode, ed è proprio al termine delle scuole superiori che decide di dedicarsi alla scrittura. Infatti a ottobre dello stesso anno pubblica Il riscatto del tacere (BookSprint Edizioni) una raccolta di 30 poesie, scritte dall’autore fino a quel momento.

Due anni dopo, nell’ottobre del 2023 pubblica Storia di un Usuraio (AbraBooks Edizioni), che conta ben 100 componenti. Alex Rinaldi è uno studente di Psicologia.

Intervista all’autore

Come nasce la raccolta poetica Storia di un usuraio?

“Questa raccolta poetica vuole raccontare la vita di uno scrittore, che nel comporre le sue opere interpreta il ruolo di un usuraio. I suoi testi, infatti, sono a tutti gli effetti l’emblema di quella sincerità che sembra ormai non essere più presente nel suo ambiente, in cui le emozioni e gli stimoli personali non riescono a trovare una propria collocazione, finendo per essere stroncati in una continua sensazione di incomprensione e collera generale.

Così come l’autore è sopraffatto dalla sofferenza in una realtà psicologica senza senso (ma che crea versi di assoluta verità), l’usuraio esercita la maestria di chi ha imparato col tempo un mestiere unico nel suo genere, che ogni giorno svolge come un artigiano tra l’indignazione dei suoi abituali oppressi, e che lascia sulla pelle i segni di chi è abituato a lavorare con la tristezza.

Un continuo scontro tra moralità e desiderio, di cui ancora non so decretare il vincitore.

Dunque, auspicando che ognuno inizi a considerarsi l’usuraio di se stesso, pongo la stessa domanda che ancora mi tormenta e che ha dato origine a questo libro: “E anche di questa storia, come potrebbe esserne il malfattore, colui che l’ha resa possibile?”.

Quale è la fonte principale di ispirazione per le tue poesie?

“Con le mie opere io spero di riuscire a mandare un messaggio, una visione delle cose (anche se magari puramente personale). Dunque i temi centrali dei miei testi nascono dal desiderio di rappresentare a modo mio una storia, e di crearne di nuove che al contrario entrano a far parte della mia vita, e spero un giorno anche di quella di qualcun altro.

Se invece, devo fare l’esempio di qualche autore o personaggio che ha influenzato le mie dedizioni e il mio modo d’essere, non posso non citare la poetessa dei Navigli Alda Merini, o il cantautore Fabrizio De André, la cui caratteristica che più mi affascina sta nel fatto di essere sempre andato “in direzione ostinata e contraria”, contro ogni imposizione e presunta certezza.”

Quale è il tema ricorrente della raccolta?

“Il tema ricorrente è la visione dell’usuraio che vuole essere trasmessa ai lettori. L’idea di considerarsi gli usurai di se stessi, ovvero utilizzare la sofferenza e il sacrificio per creare qualcosa di proprio, che rispecchi la creatività e la sensibilità che stanno alla base di ognuno.

Ed ecco che il lato cupo di una persona diventa in realtà quello che più riesca a rappresentarla.”

Come affronti il processo creativo nella composizione di una poesia?

“Quando ho un’idea in mente non riesco a non scriverla, perlomeno ad appuntarmela.

Come ho già detto, dietro ad ogni mia poesia mi piacerebbe che ognuno ci trovasse un suo significato (non dico un insegnamento, perché non aspiro a tanto e perché non mi piace l’idea di pretendere una sola interpretazione… persino da me stesso!) per cui piuttosto che sulla forma, mi concentro a priori su cosa mi piacerebbe o necessito di ragionare. Poi, solitamente le concludo con un’effettiva forma durante la sera o anche di notte, quando riesco più facilmente a parlare con me stesso.”

Quanto influisce l’esperienza personale di vita nella tua scrittura?

“In realtà non distinguo molto le due cose. Io scrivo sia di ciò che mi accade nella vita, sia storie di fantasia con personaggi inventati da me. Però credo che per essere un bravo scrittore tu non debba parlare della tua vita, ma anzi usarla per creare un nuovo mondo completamente diverso, per riuscire a far fare ai tuoi personaggi ciò che tu non sei mai stato in grado.

E forse così in un certo senso, cambi anche la tua di vita.

Io ho sempre scritto i miei pensieri, fin da piccolo, come fosse un modo per non perderli da grande e sono sempre più convinto che la poesia possa nascere dovunque e dunque tra le mani di ognuno, forse più spesso tra il fango che tra le librerie.”

Alcune riflessioni sul tuo linguaggio poetico

“Io credo che il mio stile sia piuttosto ermetico (se così lo posso definire), cerco di essere il più cinico possibile e di usare poche parole. Mi piace pensare di riuscire a comporre un messaggio chiaro e pulito, tra il lerciume che spesso ho in testa. È come una maschera, mi piace inventare un ruolo e dargli vita perché si esibisca una mezz’oretta… ma che magari qualcuno ricorderà per sempre.

Non amo essere molto esplicito sui dettagli: raramente faccio il nome di qualcuno o parlo di sottigliezze troppo personali. Al contrario però, mi piace spingermi nella parte più intrinseca delle situazioni, cioè del fatto in sé per sé, spesso anche ritenute “inopportune” o “delicate”.”

Storia di un usuraio è la seconda raccolta poetica dopo Il riscatto del tacere. Come è cambiata o evoluta la tua poesia nel corso del tempo?

Il riscatto del tacere è stato il mio umile esordio. Ho comunicato per la prima volta al mondo, e alla mia famiglia, di aver scritto negli anni una raccolta poetica.

Quest’opera parla proprio di questo: è nata con me. I primi testi (di quelli pubblicati) li ho scritti all’età di 14 anni e hanno uno stile piuttosto diverso da quello che uso adesso: le poesie sono più “prosastiche” e con temi esistenziali.

Il mio primo libro rappresenta in un certo senso la mia evoluzione in questo campo e parla molto della mia persona, con uno stile che inevitabilmente non è del tutto omogeneo.

In questo ultimo libro, non so se ho parlato di me, ma d’altronde non era questo il mio obiettivo, ma so per certo di aver dato vita a qualcosa o qualcuno che, in qualche modo, ora di me ne fa parte per davvero.”