All’alba del 29 ottobre 1268, nella piazza del mercato di Napoli, un ragazzo di appena sedici anni saliva al patibolo. Il suo nome era Corradino di Svevia, ultimo discendente della dinastia sveva degli Hohenstaufen, erede di Federico II e simbolo di una stagione imperiale che, tra luci e ombre, aveva segnato la storia d’Europa e dell’Italia medievale.
Solo due mesi prima, il 23 agosto 1268, Corradino aveva tentato l’impresa disperata di riconquistare il Regno di Sicilia, perduto dopo la morte di suo zio Manfredi, anch’egli caduto in battaglia contro il franco Carlo d’Angiò, sovrano imposto dal papato. Sul campo dei Piani Palentini, nei pressi di Tagliacozzo, il giovane principe guidò le sue truppe tedesche e italiane contro l’esercito angioino, ma fu tradito dal destino e dalla strategia del nemico.
Dante Alighieri, secoli dopo, avrebbe ricordato quella sconfitta con il celebre verso dell’Inferno (“e là da Tagliacozzo, ove senz’arme vinse il vecchio Alardo”, canto XXVIII), alludendo all’astuzia del veterano francese Alardo di Valleri, consigliere di Carlo, che con un inganno tattico ribaltò le sorti dello scontro.
Fuggiasco dopo la disfatta, Corradino fu catturato presso Torre Astura mentre tentava di imbarcarsi per la Germania. Tradotto a Napoli, venne processato per tradimento e condannato a morte. Il 29 ottobre, in una piazza gremita, il giovane erede svevo affrontò il boia con fierezza. La leggenda vuole che, prima di piegare il capo, abbia gettato un guanto tra la folla, gesto di sfida e d’onore che i cronisti del tempo interpretarono come simbolo di una causa non spenta.
Con la sua esecuzione, si chiudeva tragicamente la parabola della grande casa sveva, protagonista di una delle epoche più complesse e affascinanti del Medioevo europeo. La morte di Corradino non fu solo la fine di un giovane principe, ma anche la fine del sogno imperiale in Italia, schiacciato dal potere papale e dall’ascesa delle dinastie francesi nel Mezzogiorno.
A distanza di secoli, quella mattina del 1268 continua a evocare il contrasto eterno tra idealismo e potere, giovinezza e ragion di stato, destino e memoria. Corradino di Svevia rimane, ancora oggi, una delle figure più romantiche e tragiche della storia medievale europea.