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ConfineLive per la giornata della memoria: “Meditare per non dimenticare”

auschwitz_9Editoriale. 27 Gennaio, “Giornata della memoria”. Ricorre oggi la commemorazione delle vittime dell’Olocausto. A 70 anni esatti dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, che mostrarono al mondo intero gli effetti della follia nazista, è doveroso fermarsi a riflettere per non dimenticare, per evitare che catastrofi del genere possano nuovamente accadere. In effetti quando si pensa alla Shoah si pensa alla catastrofe di un popolo sterminato, spogliato della propria dignità, privato del futuro, dalla follia di un progetto utopico e assolutamente barbarico.
Tutto questo non può essere dimenticato, non si possono tollerare movimenti negazionisti che tentano di seppellire per sempre una delle pagine più brutte del ‘900 e probabilmente della nostra umanità.
Non si possono negare le immagini, i racconti, la memoria di un popolo ferito, che non potrà mai dimenticare. Rimarranno per sempre scolpiti nella memoria di tutti i corpi smagriti di uomini trattati al pari delle bestie, di donne private della loro femminilità, di bambini a cui è stata strappata l’infanzia.
E allora il ricordo diviene fondamentale per una società che basa le sue fondamenta sull’uguaglianza tra gli uomini, indipendentemente dalla razza o dalle credenze religiose.
Con uno sguardo più generale, il “Giorno della memoria” può divenire un modo per commemorare tutte le vittime di ogni forma di barbarismo. Come dimenticare, infatti, le vittime della follia sovietica, lo sterminio del popolo Tutsi in Ruanda. E come non citare le vittime della follia islamica, che in questi giorni si sta presentando in tutta la sua evidenza e pericolosità.
“Meditate che questo è stato- scriveva Primo Levi- vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli”.
Parole attuali, parole che suonano come un monito per il futuro, per coloro che verranno, per evitare che follie del genere possano sconvolgere nuovamente l’umanità.

(Antonio Di Francesco)