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Carseoli, la Tiburtina Valeria nella storia: da Roma, Vicovaro e fino ad Alba Fucens

 

 

Come nel caso della Salaria o della via Latina, la Tiburtina-Valeria ricalca un tracciato antichissimo che corrispondeva ad un antico tratturo utilizzato dai pastori per la transumanza, per portare gli armenti in estate nei pascoli del moderno abruzzo, e in inverno nelle campagne del Lazio. Il tratto iniziale, da Roma a Tibur (Tivoli) prese il nome di “Tiburtina”, probabilmente già in epoca repubblicana arcaica.

Su questo percorso furono fondate, tra il 303 e il 304 a.C., due delle più antiche colonie romane: Carseoli (Carsoli) e Alba Fucens. La strada fu pavimentata e portato allo standard delle vie romane nel 286 a.C dal console Marco Valerio Massimo Potito: la via dunque, oltre Tivoli, prese il nome di “Via Valeria” ed è per questo che è conosciuta come “Tiburtina-Valeria”. Il console estese la via fino a Corfinium, nella conca dei Peligni.

L’Imperatore Claudio estese il percorso attraverso le gole di Bussi, da Corfinium fino ad Ostia Aterni (Pescara), giungendo al Mare Adriatico: quest’ultimo tratto prese il nome di “Via Claudia Valeria”. In contemporanea fu anche costruita una nuova strada che metteva in comunicazione Amiternum (nei pressi dell’Aquila) con Corfinium, attraversando la piana di Navelli. Questa via fu detta “Via Claudia Nova” ed è segnata in viola sulla mappa.

La Via Tiburtina usciva dalle antiche mura Serviane dalla porta Esquilina. Nel III secolo, Aureliano fece però costruire le nuove mura di Roma (che in larga parte sopravvivono ancora oggi). Il passaggio della Tiburtina nei pressi di un arco di trionfo di età augustea (in corrispondenza dell’incrocio di tre acquedotti) fu dunque fortificato e trasfortato nella Porta Tiburtina, che esiste ancora oggi nella sua risistemazione voluta da Stilicone ad inizio V secolo, eccola:

Da qui la via si dirigeva verso il fiume Aniene, che veniva passato all’altezza del cosiddetto “Ponte Mammolo”, un ponte sull’Aniene che da il nome ad un moderno quartiere di Roma, e a una fermata della Metro B

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Il nome antico di Ponte Mammolo era Pons Mammeus o Pons Mammi attribuitogli per via del restauro voluto da Giulia Mamea, madre di Alessandro Severo, oppure derivato da marmoreus, perché il ponte era ricoperto di travertino.

Il ponte, nel Medioevo, era difeso da torri. Fu fatto saltare nel 1849 dai Francesi durante l’assedio della Repubblica Romana. Fu poi ricostruito a circa 400 metri dal luogo originale.

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La tiburtina attraversava quindi la campagna laziale, per riattraversare il fiume Aniene nei pressi di Villa Adriana,. Il passaggio avveniva sul Ponte Lucano, che esiste ancora oggi. In basso, due immagini del ponte: una ricostruzione ottocentesca e l’aspetto attuale. Il ponte romano ha ricevuto un terribile restauro qualche anno fa, a base di calcestruzzo, che ne ha snaturato l’aspetto, mentre l’intera area è oggi nel più completo degrado. Nei pressi del ponte venne innalzato l’imponente Mausoleo dei Plautii in onore del Console Plautus Silvanus, nel I sec. d.C., trasformato poi (come in molti casi) in torre difensiva medievale.
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A questo punto la via Tiburtina giungeva finalmente a Tivoli, l’antica Tibur, una città che ha ancora un incredibile patrimonio architettonico di epoca romana, come il tempio di Vesta e quello cosiddetto della Sibilla, nell’acropoli di Tivoli

Da Tivoli, come detto, la via prende il nome di Via Valeria. La prima cittadina che incontra è Vicovaro, l’antica Varia, dove sopravvivono ancora le mura ciclopiche costruite probabilmente nel IV secolo a.C. dagli antichi Equi

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Da Vicovaro poi la via giunge a Carseoli, antichissima colonia romana, ritrovata nel XVII secolo e che fu fondata nel 304 a.C. a seguito della campagna militare avviata del console romano Sempronio Sofo nei territori occupati dagli Equi e dai Marsi. Nello stesso periodo, e a poca distanza lungo il confine delle stesse popolazioni italiche, i romani fondarono la colonia di Alba Fucens.

Le due colonie militari romane vennero attaccate da Equi e Marsi, contrari all’espansione dei romani nei loro territori. A Carsioli si insediarono 4 000 coloni romani fatti arrivare dal dittatore Marco Valerio Massimo Potito. Questi obbligò le popolazioni italiche al rispetto del trattato di alleanza denominato foedus.. Fu proprio Valerio Massimo che decise la costruzione della via Valeria, con evidenti fini di controllo militare del territorio Equo e Marsicano.

Dopo Carseoli la via attraversa un percorso montano poco trafficato oggi e giunge attraverso Colli di Monte Bove all’abitato di Tagliacozzo, che ha origini medievali ed è sorto attorno ad un punto strategico dove passava proprio della via Valeria.

Da Tagliacozzo la via Valeria attraversa i Piani Palentini, una propaggine della conca del Fucino, per passare di fianco al paese di Scurcola Marsicana, il cui nome deriva probabilmente dal termine longobardo “Skulk”, che corrisponde ad un posto di guardia: qui passava il confine tra il Ducato Romano (sottoposto ai Bizantini) e il ducato longobardo di Spoleto. Il paese nacque probabilmente come posto di guardia, come si vede costruito in una posizione forte e dominata ancora dal possente castello.

Nei pressi di Scurcola Marsicana si combattè nel 1268 la Battaglia di Tagliacozzo, l’ultimo capitolo della dinastia degli Svevi, tra Angioini e Corradino di Svevia.