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Bellezze e sfide in 100 km di cicloturismo abruzzese

PESCARA – Il primo maggio scorso, mosso dal sole e dalla giornata festiva, ho girato in bici lungo la costa per 100 chilometri, da Montesilvano a Casalbordino, andata e ritorno. Paesaggi wow, sicuramente, che però si portano dietro le sfide di un’infrastruttura ciclabile sempre più frequentata o adesso criticamente alle prese col suo successo.

Un mare di biciclette – La pista ciclabile che si snoda lungo la costa abruzzese, specie nel tratto meridionale, rappresenta, non c’è dubbio, una delle più belle conquiste per il turismo sostenibile della regione. Tuttavia, il crescente interesse per la mobilità “attiva” sta portando ad un fenomeno inaspettato. Particolarmente evidente in alcune zone, come San Vito e Fossacesia, il sovraffollamento rende a tratti difficoltosa la pedalata, trasformando quella che dovrebbe essere un’esperienza di libertà in un diffuso esercizio di pazienza.

Nella zona urbanizzata tra Pescara e Montesilvano la situazione è a tratti critica: la pista, larga, come per quasi tutto l’intero tracciato costiero, appena 2,5 metri, si trasforma in una sorta di “colonna” di biciclette, dove il ritmo è dettato dall’utente più lento, creando quasi un paradosso: desideriamo incentivare l’uso delle due ruote, ma rischiamo di rendere solitaria e frustrante l’esperienza di viaggio proprio a causa del successo dell’iniziativa e della saturazione dello spazio.

La natura che resiste – Durante il percorso, è diventato sempre più evidente come gli spazi verdi adiacenti alle piste ciclabili necessitino non solo di manutenzione ordinaria, ma di una vera e propria cura. Lo sfalcio regolare dell’erba è certamente necessario, ma rappresenta un approccio limitato che rischia di semplificare eccessivamente l’ecosistema locale, rendendolo banale.

Nel tratto percorso ho avuto modo di ammirare la evidente diversità che caratterizza questi spazi di confine tra l’ambiente urbano e quello naturale. Le cromatiche infiorescenze della malva con i suoi delicati fiori viola, il giallo intenso della senape selvatica, i fieri cardi con le loro teste spinose, e il verde brillante del lentisco: un caleidoscopio di colori e forme che meritano di essere meglio conosciuti.

Questi spazi verdi non sono semplicemente “aree da mantenere pulite”, ma possono rappresentare piccoli ecosistemi e trasformare una semplice pista ciclabile in un percorso educativo sulla biodiversità locale, oltre che in un’esperienza estetica di grande valore.

Verso un cicloturismo di qualità – L’esperienza di questi 100 chilometri lungo la costa adriatica abruzzese  fa riflettere sul futuro del cicloturismo nella regione. Non si tratta solo di costruire piste ciclabili, ma di pensare all’esperienza complessiva di chi viaggia sulle due ruote.

Le infrastrutture dovrebbero essere progettate pensando all’affluenza nei periodi di punta, con piste sufficientemente ampie da consentire il sorpasso e aree di sosta ben distribuite, con stalli adeguati (che non siano scolapiatti piega-ruote). La gestione degli spazi verdi adiacenti dovrebbe essere interpretata in chiave ecologica, favorendo la biodiversità locale e creando habitat che possano arricchire l’esperienza del viaggio.

Il cicloturismo rappresenta una straordinaria opportunità per l’Abruzzo, non solo in termini economici ma anche come modello di benessere, specie quando questi tracciati attraversano contesti urbani. È necessario però un approccio più ampio e lungimirante, che consideri la bicicletta un vero e proprio strumento di scoperta e connessione con il territorio, perché alla fine, pedalare lungo la costa non dovrebbe essere solo un modo per far girare e gambe, ma un’esperienza che rimane nel cuore e nella mente, un viaggio attraverso paesaggi, profumi e colori che raccontano l’anima di questa meravigliosa regione. Perché, allora, non ragionare sulla qualità delle piste o corsie ciclabili che siano anche nei contesti urbani? Male non fa.