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Addio a Luca Serianni, storico linguista e accademico della Crusca

Vittima di un incidente, il noto linguistica Luca Serianni si è spento all'età di 74 anni.

Roma – E’ morto all’età di 74 anni lo storico linguista italiano Luca Serianni, illustre professore, filologo e accademico. Docente ordinario di Storia della Lingua Italiana presso l‘Università Sapienza di Roma, Serianni è stato per tutto il mondo accademico un uomo di inestimabile cultura, Socio Nazionale dell’Accademia della Crusca, dei Lincei, dell’Arcadia e vicepresidente della casa di Dante. Professore emerito, Luca Serianni ha dedicato gran parte della sua lunga carriera allo studio della grammatica italiana, della storia della lingua letteraria e della didattica dell’italiano.  Autore di Leggere, scrivere, argomentare, il verso è giusto e Prima lezione di grammatica e altri grandi volumi di storia della lingua italiana, Serianni è stato un mentore per molte generazioni di studenti,  il «più autorevole linguista italiano degli ultimi decenni» come lo ha definito il presidente dell‘Accademia della Crusca Claudio Marazzini.

Dopo essere stato investito sulle strisce pedonali ad Ostia lo scorso 18 luglio, Luca Serianni si è spento ieri, giovedì 21 luglio alle ore 09.30, presso l’Ospedale San Camillo di Roma. Insegnanti, studenti, ex allievi ed accademici hanno espresso cordoglio per la perdita del loro caro e generoso professore. Di seguito le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella 

«La notizia della scomparsa di Luca Serianni, autorevole storico della lingua italiana, mi addolora profondamente. Esprimo il mio cordoglio ai suoi familiari e a quanti lo ebbero maestro nella comunità accademica.
Il culto della “parola”, sensibile strumento di comunicazione e conoscenza – al centro dei suoi studi – ne ha fatto un riferimento per tutti gli studiosi, tracciando un percorso prezioso per gli studenti e i linguisti che hanno avuto modo di conoscerlo.
Docente universitario dai molti interessi e autore di studi lessicografici e filologici, cultore di Dante e della sua opera, lascia un vuoto e, insieme, una feconda eredità per tutta la cultura italiana».