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Abruzzo, zona rossa fatta, quella nera deve arrivare: non ci resta che pregare

Avezzano. L’emergenza Covid sta facendo venir fuori il peggio della disorganizzazione generalizzata. Un virus che colpisce la politica, la Asl e tutto un contorno di gestione pubblica per anni lasciato all’abbandono. La cultura del buongoverno non è certo quella di vantare oggi le ruspe in azione che fanno posto a tensostrutture che rievocano tempi di guerra a tutti gli effetti. Sono delle “pezze a colore” messe con l’apprezzato aiuto della Croce Rossa e della protezione civile, per tamponare una situazione al collasso. Un collasso previsto ed approdato sulle cronache non solo nazionali ma mondiali.

Una macchia nera che si abbatte su una realtà che di inefficienze era ben dotata anche prima dell’emergenza sanitaria in atto. E’ chiaro che come si è incantato il disco, la situazione è precipitata in un attimo. Tutto fuori controllo al punto che la regione stessa ha dovuto chiedere di entrare in zona rossa e chissà ancora per quanto ci staremo. Non è tanto il numero dei contagi quanto per gli ospedali collassati di emergenze covid e che non riescono a curare i pazienti per tutte le altre patologie che certo non sono andate in quiescenza.

Il dramma di chi, come cittadino capisce di non avere piu’ a disposizione il servizio pubblico di assistenza sanitaria, il dramma di chi potrebbe incappare in un malore in un incidente e rischiare per territorio di essere portato all’Ospedale di Avezzano. Un luogo di cura che è un luogo di contagio, di dolore, di morte e stridore di denti, di anziani urlanti e di gente ricoverata e non gestita.

Il tutto con l’allontanamento forzoso di parenti, che in precedenza facevano comodo ai capezzali di pazienti da assistere oggi extra omnes. E quindi il povero Cristo che ha avuto la sfortuna di incappare in un ricovero ha il dubbio di poter uscire indenne da una situazione al limite della decenza umana come riportato nel servizio de “Le Iene” su Italia 1.

E’ pur vero che ci sono medici, infermieri, operatori sanitari che stanno facendo il massimo e quindi non bisogna generalizzare nel puntare il dito, anzi forse molti di loro sono vittime di un sistema di disorganizzazione e pressappochismo dilagante. Che però non nasce da ora.

E dunque le tensostrutture, tornando a quelle non sono un vanto. Le ruspe in azione sui montarozzi dell’Ospedale sono un fallimento precedente di progetti che invece di fare spazio alle macchine hanno creato ettari ed ettari di terra ammassata nel mezzo di strade strette ed anguste.

La salute pubblica non si tutela loculizzando il popolo, sic et simpliciter, ma con seria prevenzione e pianificazione imprenditorializzata della sanità.

Il problema è a monte, la pezza a colore ora è stata messa, la zona rossa è stata fatta: mal che vada si passerà in quella nera. Non ci resta che affidarci alla preghiera.