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A tu per tu con i Guappecartò: dalla strada ai caffè parigini fino a “Sambol – Amore migrante”, l’album della svolta

Il fisarmonicista Claudio Del Vecchio racconta gli esordi del gruppo a Perugia, gli incontri fortunati come quello con Mirjam Sambol e il sogno di collaborare con il cinema

“Sambol – Amore Migrante” è il nuovo album dei Guappecartò, nato da un incontro casuale e fortunato, con Mirjam Sambol Aicardi, figlia di Vladimir Sambol, musicista e compositore croato realmente esistito, che scappò dalla città natale di Fiume durante la Seconda guerra mondiale per rifugiarsi in Svezia. Il 20 giugno, in occasione della giornata Mondiale del Rifugiato è uscito “Balkanika”, singolo estratto dall’album. Una storia e un destino che la musica dei Guappecartò è riuscita a raccontare con il nuovo album. Registrato alle “Officine Meccaniche” di Milano e missato da Laurent Dupuy (vincitore di due Grammy Awards), “Sambol – Amore Migrante” è composto da 9 rivisitazioni delle opere di Vladimir Sambol, conosciuto anche come “Vlado”.

Chi meglio dei Guappecartò poteva raccontare, con tutta la poesia e la genialità musicale che li contraddistingue, una storia di migrazione. Loro che nascono artisticamente come musicisti di strada: perugini di nascita, parigini di adozione e vagabondi per vocazione. Quella di Vladimir Sambol è una storia affascinante e malinconica, dove la strada e la musica sono le vere protagoniste, gli elementi che più accomunano due mondi – quello di Vlado e quello dei Guappecartò – apparentemente così lontani nel tempo. Abbiamo intervistato uno dei “guappi”, Claudio Del Vecchio (fisarmonicista del gruppo), per conoscere più da vicino questo esuberante e talentuoso quintetto strumentale e il loro ultimo lavoro, che recentemente ha visto anche l’uscita dei videoclip di “Vlado” e “Balkanika”, dove l’incontro tra musica e immagini risulta pienamente vincente.

La storia del vostro gruppo è come una grande avventura. Come nascono i Guappecartò e come siete arrivati dalla strada a Parigi, dove vi trovate attualmente?

«Il primo nucleo dei Guappecartò nasce a Perugia. Io (fisarmonica), Mr. Braga (chitarra) e O’ Malamente (violista) siamo insieme dall’inizio, ovvero quando tutto ebbe inizio nel 2004. L’artefice di tutto fu l’attrice Madeleine Fisher – che purtroppo ci ha lasciato ad aprile all’età di 84 anni. Questa donna straordinaria, che amava definirsi nostra sorella minore, aveva scritto una fiaba musicale dal titolo “Uroboro” e voleva farne un film. Ci aveva chiesto di musicare tutti i suoi testi, e noi li provavamo per strada mettendo un cappello a terra. Lo avevamo fatto per sfida, ma poi vedevamo che quel cappello si riempiva sempre e abbondantemente, quindi una volta finito questo lavoro con Madeleine Fisher e i suoi 19 brani abbiamo deciso di prendere la strada e partire, senza sapere dove andare. La strada sarebbe stata la nostra compagna. E così iniziò l’avventura.

Prendevamo la macchina, ci fermavamo in piazza e iniziavamo a suonare. Il cappello si riempiva, ci divertivamo, conoscevamo tante persone, eravamo sempre in giro. Finché poi non siamo arrivati a Parigi nel 2005 e abbiamo deciso di rimanere. Da lì il nostro percorso si è evoluto: dalla strada siamo arrivati nei caffè, nei teatri, abbiamo iniziato a girare nei festival d’Europa. Nel frattempo la formazione ha cambiato qualche elemento e ora siamo un quintetto: Dr Zingarone (fisarmonica), Frank Cosentini (chitarra), Mr. Braga (contrabbasso), O’Malamente (violino), ‘O Brigante (percussioni). Nel 2015 poi c’è stata una svolta, quando è entrato nella squadra Stefano Piro, il nostro produttore, divenuto anche lui parte integrante della famiglia. In questi anni ci ha fatto crescere tantissimo investendo su di noi e migliorando la qualità del nostro lavoro».

Guappecartò. Foto di © Yuma Migliaccio

Il vostro è stato un percorso in continua crescita. Nel 2009 è uscito il vostro primo album “L’amour c’est pas grave”, registrato tra Milano e Parigi, poi “Guappecartò” nel 2012 e “Amay” nel 2015 insieme alla cantautrice Neripè. Come è nato invece il vostro ultimo album, “Sambol – Amore migrante” e a cosa allude questo amore?

«Tutto è partito dall’incontro con Mirjam Sambol Aicardi, la figlia del musicista Vladimir, che ci sentì suonare una sera e rimase molto colpita. Ci raccontò la storia di Vlado, la fuga da Fiume, la sua musica e ci chiese di risuonare i suoi brani per far vivere il suo ricordo. La prima cosa che ci colpì fu proprio questo grande amore che una figlia può nutrire verso il proprio padre. Abbiamo ascoltato i brani di Valdo, che per l’epoca erano già molto avanti: nelle sue composizioni c’erano tango, valzer, melodie tipiche dell’Est e tante sonorità che esprimevano una forte curiosità musicale, e questo ci accomunava. Erano brani che avevano quasi un secolo di vita e musicalmente lontani da noi. Mirjam non avrebbe cercato noi se non per reinterpretarli. Abbiamo accettato coscienti di avere totale libertà».

L’ album segna una svolta importante per la vostra carriera: avete portato una storia raccontandola con delle sonorità nuove rispetto ai lavori precedenti. Quali sono gli elementi che musicalmente caratterizzano meglio “Sambol – Amore migrante”?

«Con questo album abbiamo deciso di spingerci verso ambientazioni che non avevamo mai sperimentato prima. Avevamo sempre suonato la nostra musica e mai interpretato brani di qualcun altro, perciò è stata una prova anche per noi. Musicalmente abbiamo inserito in più una chitarra elettrica, un basso elettrico, Francesco Arcuri su alcuni brani si è occupato del sound design facendo un lavoro meraviglioso e creando ambientazioni e suoni che non avremmo mai immaginato. Abbiamo messo anche un didgeridoo, dei bit simili alla goa trance. A livello sonoro ci siamo spinti davvero il là. Del resto, la musica è continua sperimentazione. Con Stefano Piro poi sapevamo di essere in ottime mani. Abbiamo anche avuto la fortuna di registrare alle Officine Meccaniche di Milano. “Sambol –  Amore migrante” rappresenta una novità nel nostro repertorio, è un bagaglio che vogliamo portarci dietro anche per il prossimo album».

Suono ma anche immagini: i cortometraggi di “Vlado” e Balkanika” sono davvero suggestivi e vincenti, e fanno pensare che possiate essere a vostro agio anche in una possibile collaborazione con il cinema. Cosa ne pensa?

«Musica e immagini sono un matrimonio perfetto, e con i video di “Vlado ” e “Balkanika” si è rivelato proprio così. La sceneggiatura di “Balkanika” è stata del violinista. Lui immaginava la fuga di Vlado che andava via da Fiume tra le montagne, dodici ore di cammino per poter arrivare a Trieste. Ha immaginato tutta questa storia dando una colonna sonora ai suoi pensieri. È stato uno dei maggiori artefici del video, e ha avuto la grande idea di contattare degli amici professionisti dando loro la sua sceneggiatura e da lì hanno creato un video molto emozionante. Una collaborazione con il cinema? Magari! In passato abbiamo già avuto modo di collaborare: con “Rockamboles” abbiamo contribuito alla colonna sonora del film “Gatta Cenerentola”, ma solo per pochi minuti. Musicare un intero film è uno dei nostri sogni nel cassetto».

Il vostro tour era partito brillantemente a fine 2019, poi vi siete dovuti fermare. Quando riprenderete?

«Sì, è partito davvero nel migliore dei modi. Nella prima fase della tournée di “Sambol – Amore migrante” si sono creati momenti di forte emozione sul palco, anche da parte nostra.  Ci siamo resi conto che stavamo portando una storia veramente forte e la gente lo recepiva. Tra noi, il pubblico e il palco è diventato un tutt’uno, è stato davvero unico. Ora non sappiamo quando riprenderemo la tournée, dobbiamo aspettare che la situazione del virus migliori per tornare a far emozionare ancora dal vivo. Speriamo al più presto!»