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“E i lupi scesero in città…”: il nuovo libro di Barnaba Maj, una riflessione sul tempo umano

Davvero basta dire presente, passato e futuro? Linee, cerchi, figure si chiudono e si riaprono di continuo, come cristalli che si formano...

È appena uscito per Amazon E i lupi scesero in città… il nuovo romanzo dello scrittore Barnaba Maj. Un racconto che indaga sulla struttura atomica del tempo che si stratifica fra tempo mitico, storico e tempo individuale.

Catapultato improvvisamente dalla mattina alla sera dal centro di Ferrara a Campobasso in un giorno del settembre 1958 prossimo a compiere i nove anni, il protagonista di questo romanzo, che ne è casualmente anche l’autore, si sentì per prima cosa narrare della discesa dei lupi in città. Misteriosa, invisibile. Tracce. Come quelle che il tempo deposita nella memoria. Ma di quale materia è fatto il tempo umano?

Così a distanza di molti anni, quando il protagonista del romanzo vive immerso nel cuore dello Stretto di Messina, in un singolare chalet svizzero sul mare, le navi, la rocca di Scilla e il massiccio dell’Aspromonte, succede che Campobasso ritorna in un sogno ricorrente come una favolosa città orientale. E con lei la casa di collina dove il protagonista ha vissuto per nove terribili inverni in una ancora più gelida casa desolata. Ricordi e acuta nostalgia.

Se ciò accade è perché il tempo è costituito da atomi – come nell’universo di Lucrezio – atomi che si aggregano intorno alle tracce della memoria, formando cristalli e costellazioni. Con le sue dimensioni il tempo, che intreccia gli strati del mito e della storia con quelli dell’esistenza individuale, incurva spazi e luoghi, fonde immagini e sentimenti.

Il libro si struttura in quarantanove capitoli, fra episodi e intermezzi, ove il lettore incontra Juan Alberto Schiaffino e Fausto Coppi, lo sconosciuto teppista Rosario De Filippis e la reincarnazione di doc Holiday; lo sperduto borgo abruzzese di Balsorano incontra Rio de Janeiro. E ancora memorie passate di un padre più che ingombrante a capo di nomadica famiglia, una zia dal cuore semplice ma amante del cinema e altre zie stregoniche, e un cugino sospeso fra cecità e pazzia. La pallida Parma della pallida Madre Nerina, e poi Ferrara e ancora le incredibili fughe pomeridiane al cinema, ove il protagonista scopre che forse lassù qualcuno ci ama.

Nel romanzo di Barnaba Maj tutto si mescola in vortici e costellazioni, dalle canzoni al cinema, con Mahler e Puccini, Scorsese e De Niro. Nostalgia di terra sconosciuta, tempo non vissuto che si affaccia nel sogno: come la neve di Joyce, che alla fine tutto avvolge, neve e vento, tormenta, così simile al tempo che incurva le nostre vite.

Barnaba Maj è stato professore associato di Filosofia della storia e Teoria della storiografia nell’Università di Bologna fino al 2012, anno in cui ha fatto dimissioni volontarie e anticipate. Ha all’attivo una vasta produzione saggistica di intersezione fra i campi della filosofia, della letteratura e della storiografia.