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Palombara Sabina, fascino della città dell’olio Dop in una storia secolare

Palombara Sabina è una bellissima realtà del Lazio. Circa quattordicimila abitanti, detti Palombaresi in una altezza sul livello del mare di 372. Dista dalla capitale romana 37 km ed è localizzata nella parte settentrionale dei Monti Lucretili. Una realtà interessante sotto il profilo produttivo ed è parte della Città Metropolitana di Roma Capitale. Il numero dei residenti nel corso degli ultimi anni è vertiginosamente cresciuto e si è letteralmente raddoppiato dagli anni 80 ad oggi.  territorio è compreso nell’area di produzione dell’Olio di Oliva Sabina (DOP).

Palombara Sabina non dispone di collegamento ferroviario ed è raggiungibile:

  1. Via Salaria, all’altezza del km.29, svoltando per la Strada della Neve (già Strada Pascolare) e percorrendola fino alla fine per un totale di km.13,5
  2. Via Nomentana con svolta su Via Palombarese fino a Palombara Sabina
  3. Via Tiburtina passando per Guidonia e Marcellina
  4. Autostrada A1/A24 uscendo a “Tivoli” e passando per Villa Adriana, Villanova di Guidonia e Marcellina

LA STORIA: Nella bassa Sabina, su un colle alle falde del Monte Gennaro, massiccio calcareo che raggiunge i 1271 metri di altezza sorge Palombara, il cui abitato è dominato dai Castello Savelli di fondazione medievale ma rimaneggiato nel XVI secolo. Il borgo antico ha una strut­tura concentrica che si sviluppa intorno al Castello, con una miriade di strade strette, serrate e dall’andamento curvilineo, che avevano lo scopo di renderne difficile l’espugnazione da parte dei nemici; la parte nuova dell’abitato si è formata più in basso, sul colle, detto “Colle Coco”, sulla destra della strada che porta alla piazza principale. Il toponimo ha origine dal termine ”Palumbaria“ (dal latino palumbus, «colombo»), costruzione rurale utilizzata per l’allevamento dei colombi, molto diffusa in tutto il Lazio. Il toponimo Palumbaria  appare già nell’849 e 859 e potrebbe derivare dal nome casa Palumbi, un fondo dato in enfiteusi dagli abati Siccardo e Pietro. Il termine Palumbaria lo si ritrova ancora nell’863 nel Liber Largitorium (pag.38) di Gregorio da Catino. Non è escluso che possa derivare da Palumbi farae, anche se la desinenza – ara – nella Sabina, si restringe solo a Fara e Palombara. La “fara” era uno stanziamento militare longobardo scaglionato lungo i colli dei confini, successivamente divenuti farae, cioè nuclei familiari stanziali che daranno origine al castrum (castello). Dunque, potrebbe essere stato un Palumbus a dare il nome alla fara. Ma non si può escludere la derivazione da columbaria, toponimo presente nel 1111 e proveniente dalla consuetudine sepolcrale longobarda della “columba ex ligna facta“, collocata sulla pertica posta sopra la tomba del guerriero. Il sito sorge probabilmente su quello dell’antica CAMERIA (mentre secon­do un’altra ipotesi sorgerebbe sul territorio di Regillum). Di Cameria parla Tito Livio come di una delle più antiche città latine. Quando i re furono cacciati da Roma, Cameria si schierò dalla parte dei Tarquini; conquistata dai Romani intorno al 492 a.C., fu distrutta e scomparve. Il ritrovamento dei resti fossili del cosiddetto “ Uomo di Cretone” , con­servato al Museo Etnografico Pigorini di Roma, può far ipotizzare che gli insediamenti in questa area siano di età ancora precedente. Nel primo Medioevo l’Abbazia di Farfa aveva un’ influenza quasi esclu­siva sulla Sabina, ma intorno all’ VIII secolo anche l’Abbazia di San Giovanni in Argentella cominciò ad esercitare una certa autorità. Tutta l’area era infestata dai Saraceni, che nell’890 erano dediti a scorrerie di ogni tipo e che fecero di Farfa la loro base. Il fatto che sia testimoniata per quell’epoca la diffusione a Palombara del culto di San Biagio, consi­derato il protettore delle popolazioni minacciate dagli infedeli, confer­merebbe l’ipotesi di una prolungata permanenza dei Saraceni anche in questo paese.
Una bolla di papa Giovanni XIX del 1029 contiene per la prima volta il riferimento a Columbaria, nome usato per indicare il feudo dei di­scendenti del duca longobardo Alberico, gli Ottaviani, che avrebbero a lungo dominato il paese e che diedero avvio al loro predominio con Giovanni de’ Crescenzi Ottaviani. Essi riuscirono a guadagnarsi una certa autonomia dalla Santa Sede, tanto da farsi chiamare reguli («pic­coli re»), titolo che non fu adottato in nessun’altra signoria laziale, ad eccezione di Palombara, la quale lo mantenne fino al 1599. Nel XIII secolo, non è chiaro in quali circostanze, il feudo passò alla famiglia Savelli, che riuscì a estendere il suo potere fino a diventare feu­dataria assoluta del territorio per tutto il XVI secolo. Il Castello di Palombara vantava prestigio e notorietà che andava ben oltre i confini della città.
Papi, antipapi e Imperatori tra Enrico IV e Federico Barbarossa furono ospiti al Castello.
La signoria dei Savelli trascinò Palombara in una serie di vicende molto spiacevoli e piuttosto violente che culminarono con la pubblica ammenda fatta a Roma da Giacomo Savelli per aver favorito la banda di Tiburzio e Valeriano di Maso, i quali con la sua complicità avevano fatto di Palombara la base per i loro delit­ti. Successivamente, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, i Savelli si allearono con i Colonna contro gli Orsini e furono questi ultimi ad avere la meglio, anche se solo per un breve periodo, favoriti da papa Alessandro VI. La guerra fra papa Paolo IV, alleato dei Francesi, e gli Spagnoli del duca d Alba coinvolse pesantemente Palombara, che venne in gran parte distrutta nel 1556. Tra alterne vicende i Savelli rientraro­no in possesso di Palombara, ma nel XVII secolo il tracollo economico li costrinse a rinunciare al feudo, che passò ai Borghese. Al breve perio­do di amministrazione francese (1809-1814) seguì la restaurazione pontificia nel 1816. Nel 1870 Palombara Sabina si costituì in Comune e nel 1872 fu stabilito con regio decreto di aggiungere al nome di Palombara l’aggettivo Sabina. Nel 1900 venne collegata alla linea ferroviaria Roma – Sulmona -Pescara ( la stazione ferroviaria si trova a cica 8 Km nel Comune di Marcellina ed poco agevole per i collegamenti. E’ invece più comodo usufruire della metropolitana FR1 – Fiumicino – Passo Corese, con stazione a Piana Bella di Montelibretti, per la frequenza dei treni (ogni 15 minuti) e per il collegamento con appositi pullmans da e per Palombara. Palombara è un centro agricolo e commerciale abbastanza attivo nel­la produzione di olio e frutta, “cerase”, particolarmente rinomata è una qualità di ciliegia denominata “ Ravenna di Palombara “. Non trascurabile è anche l’apporto del turismo all’economia della cittadina.
Merita una visita la Collegiata di San Biagio, la cui struttura origina­ria risale all’ XI secolo, ma che fu poi radicalmente ristrutturata. All’in­terno si può ammirare tra l’altro la Madonna della Neve, attribuita ad Antonio da Viterbo, pittore del XV secolo e al centro del catino absidale l’apoteosi di San Biagio, opera del pittore lombardo Raffaele Casnedi. La chiesa di Santa Maria del Gonfalone, sulla via Palombarese, risale al 1507e conserva un’Annunciazione at­tribuita ad Antoniazzo Romano. A 2 km dall’abitato si trova l’Abbazia di San Giovanni in Argentella, la cui esistenza è attestata già nel X secolo ma che risale nel suo complesso all’età romanica (probabilmente alla prima metà del XII secolo).