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La distruzione di Camerata Vecchia, come oggi centosessantuno anni fa il grave incendio

Un luogo affascinante il paese fantasma che andrebbe valorizzato

Camerata Nuova – Come oggi centosessantuno anni fà nella zona di confine tra Lazio e Abruzzo nel borgo di Camerata “vecchia”, stava per cambiare la storia di una realtà affascinante.

Era il 9 gennaio del 1859 appena dopo l’ora di pranzo che un incendio distrusse una intero borgo. Stando ai racconti la storia narra che  dalla canna fumaria del camino della casa di Simone Pelosi, abitata in quel periodo dalla famiglia di Antonio Galeri, uscirono alcune scintille di fuoco. Le stesset rasportate da un forte vento che soffiava da Cappadocia,  raggiunsero il tetto in legno delle abitazioni vicine, provocando i primi focolai dell’incendio.

In poco tempo il fuoco, spinto dal forte vento, si propagò per i paese, ed a poco valsero i tentativi degli abitanti di Camerata e dei Militari della locale gendarmeria di domare le fiamme.
L’acqua a Camerata Vecchia proveniva da quella piovana, e veniva conservata in cisterne in pietra presenti sotto le case; possiamo quindi immaginare la difficoltà ad utilizzare l’acqua per tentare di spegnere le fiamme. Il bilancio della tragedia fu di 6 morti e molti feriti, ma la cosa peggiore fu la distruzione del paese. Molti trovarono rifugio presso la chiesa della Madonna delle Grazie, la quale trovandosi alcune centinaia di metri fuori il paese fu salvata dalla rovina; per molto tempo questa chiesa fu l’unico tetto per molti cameratani.
Ma  un’altra storia che si racconta è legata alla politica  dell’epoca. Questi posti sono stati, durante il periodo del regno temporale della chiesa di Roma, territori di confine con tutti i problemi connessi. Vicino c’era il Regno delle due Sicilie e si era agli albori della proclamazione del il regno d’Italia (1860); si racconta che sicari dei borboni organizzarono l’incendio contro il papato per motivi non ancora noti.

I ruderi di Camerata Vecchia sorgono su una rupe calcarea posta al margine più orientale di un lungo costone la cui parte sommitale coincide con il Monte Camposecco. Questa elevazione è una delle più occidentali del gruppo dei Monti Simbruini dove questi si fondono con i vicini Carseolani del versante abruzzese.

 

Situata a 1220 metri d’altezza, la costa rocciosa dove sorgono le rovine di Camerata Vecchia domina a sud il profondo solco di Fosso Fioio. A nordovest, invece, si trova il grande piano carsico di Camposecco. Visitando questi luoghi si resta affascinati dalla vista delle antiche mura. Al contempo, però, si può rimanere confusi nel sapere che solo un secolo e mezzo fa lì viveva gente, artigiani, contadini e pastori, costretta ad abbandonare precipitosamente il paese natio e portare con sé solo poche cose.

I primi cenni storici su Camerata sono datati  nel 955 quando era in pieno svolgimento il processo dell’incastellamento che coinvolse tutti i paesi della Valle dell’Aniene e non solo. Da alcuni documenti si evince che intorno alla metà del X secolo l’abate di Montecassino diede in enfiteusi la Chiesa di San Salvatore a Rainaldo, il Conte dei Marsi. Per un periodo abbastanza lungo i Conti dei Marsi dominarono su gran parte del territorio Carseolano annettendo man mano varie terre fino ai margini dei possedimenti della potente Abbazia di Subiaco.

Molte sono le iniziative che si intraprendono per “celebrare” Camerata Vecchia, associazioni e volontari si prendono cura del paese fantasma che porta con sè tutto il fascino di una storia triste che ha segnato inedelbilmente la comunità. Ma la vegetazione e l’incuria purtroppo regnano sovrane a dispetto di un luogo che dovrebbe essere maggiormente rispettato dalle istituzioni, per quello che rappresenta e per quello che è stato e per il sacrificio di vite umane che è costato.