Ormai l’intelligenza artificiale ci suggerisce quali serie TV guardare, filtra le spam, traduce i testi, ottimizza le pubblicità e monitori i comportamenti di gioco nei casino online. In Italia, il mercato era già arrivato a 1,2 milioni nel 2024 e continua a crescere. In pochissimo tempo siamo passati dagli assistenti vocali alle chat che rispondono delle voci umanizzate. Sembra che il 16,4% delle imprese italiane con più di 10 dipendenti usa già l’IA durante i processi di produzione.
Perché l’intelligenza artificiale è già ovunque nella nostra vita digitale
Se usi lo smartphone, in pratica sta già usando l’IA tutti i giorni. Gli algoritmi decidono che post farci vedere, ci suggeriscono i video e rispondono alle domande con i chatbot. Oltre a questo, l’IA serve anche per analizzare i dati, per supportare il servizio clienti e per controllare la qualità nelle fabbriche. Quindi, non è solo una tecnologia che va di moda al momento, è davvero utile in tantissimi settori. Però, c’è da dire che non viene usata ancora in modo omogeneo, per esempio il 59% delle grandi imprese la usa contro il 7% delle piccole e il 15% delle medie. Quindi, qualcuno corre e qualcun altro fa fatica a stare al passo.
I principali vantaggi dell’IA per le persone e per le aziende
I pro dell’intelligenza artificiale si vedono soprattutto in tre direzioni: tempo risparmiato, servizi più personalizzati e nuove possibilità creative. Per le persone significa, ad esempio, avere degli assistenti digitali che compilano i documenti, riassumono i testi, traducono le conversazioni, aiutano a orientarsi tra le offerte e i contenuti. Per le imprese vuol dire automatizzare i compiti ripetitivi, analizzare grandi quantità di dati e progettare i prodotti o le campagne in modo più mirato.
Rischi, limiti e domande aperte sull’uso dell’IA
Accanto ai benefici, ci sono dei punti deboli che non si possono ignorare. Prima di tutto la qualità delle risposte: i modelli generativi possono inventare le informazioni, possono semplificare troppo o riflettere bias presenti nei dati con cui sono stati addestrati. Non sempre è chiaro da dove arrivino i contenuti o perché un sistema prenda una certa decisione. C’è poi il tema del lavoro, più automazione significa meno attività ripetitive, ma anche la necessità di aggiornare competenze, cambiare ruolo, ripensare alcune professioni. Non è un processo automatico né sempre facile, soprattutto per le realtà più piccole. Nel mondo dell’intrattenimento digitale, ad esempio, l’IA può personalizzare le offerte, i bonus, i giochi consigliati, le esperienze in tempo reale, dalle piattaforme di streaming ai format di casino live o ad altre forme di gioco online. Tutto questo apre domande sulla trasparenza e sui criteri di raccomandazione e uso dei dati personali.
Per gestire questi nodi, l’Unione Europea ha approvato l’AI Act, la prima regolamentazione orizzontale al mondo dedicata all’intelligenza artificiale, basata su livelli di rischio diversi in base all’uso. Allo stesso tempo, l’Italia ha aggiornato la propria Strategia nazionale per l’IA 2024–2026 e ha pubblicato le linee guida e i documenti operativi per guidare le pubbliche amministrazioni e le imprese.