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Venerdì 17: il giorno in cui il destino si diverte

C’è chi oggi non uscirebbe di casa per nulla al mondo, chi evita di passare sotto le scale e chi — più scettico ma prudente — incrocia le dita “per sicurezza”. Perché sì, oggi è venerdì 17, il giorno che più di ogni altro sembra portare con sé un’ombra di inquietudine, un leggero brivido superstizioso che attraversa i secoli e le culture.

Già nell’antica Roma il numero 17 era considerato infausto. Sulle tombe veniva inciso “VIXI”, ovvero “ho vissuto”: un modo elegante per dire “sono morto”. Curiosamente, l’anagramma di “VIXI” è “XVII” — cioè proprio 17 in numeri romani. Forse bastava questo gioco di lettere per instillare un senso di presagio.

E poi c’è il venerdì, giorno della crocifissione di Cristo nella tradizione cristiana, simbolo di lutto e dolore. Quando il 17 cade di venerdì, due sfortune si intrecciano, creando una combinazione che molti preferiscono non sfidare.

In altre culture, però, il destino si diverte a cambiare le carte. In Inghilterra e nei Paesi anglosassoni, ad esempio, è il venerdì 13 a essere temuto. Ma qui, nella nostra penisola — terra di santi e malocchio, di corni portafortuna e gesti scaramantici — il 17 rimane il vero protagonista delle giornate “nere”.

C’è chi dice che in questa data “le energie si muovono diversamente”, chi parla di “giorno di passaggio”, in cui il caso sembra più audace e i presagi più sottili. Eppure, ogni venerdì 17 porta con sé anche un messaggio segreto: quello di sfidare la sorte, di giocare con il destino invece di temerlo. Perché, dopotutto, ogni superstizione è solo il riflesso del nostro desiderio di dare un senso al mistero.

Così, oggi, mentre il calendario segna questo numero inquieto, forse la cosa più magica che possiamo fare è sorridere alla paura — e chissà, magari brindare con un po’ di ironia al nostro vecchio amico, il venerdì 17.