The news is by your side.

Roma: un amore sconfinato

La storia di Matteo e Miro

Gnomo è un meticcio di ormai 12 anni. E’l’anima più vicina a quella di Matteo, 39enne romano. Il loro rapporto è simbiotico ed in una società come quella di oggi , sempre più persone scelgono un animale domestico ad un ipotetico compagno o addirittura ad un figlio. Con questa rubrica cercheremo di scoprire tutte le emozioni che alcune persone sentono nel rapporto con i loro cuccioli.

<<L’ho preso con me quando aveva solo tre mesi ed inizialmente mi ha fatto disperare perchè era un demone, era inesauribile, voleva sempre giocare, anche di notte. Penso che siamo maturati insieme, abbiamo passato momenti di crescita, esperienze, attimi di gioia ed intere giornate insieme. Lago, mare, vacanze, cene. L’ho portato sempre con me. Ho l’impressione di essere invecchiato insieme a lui anche nei dolori che abbiamo affrontato. Sicuramente ha percepito molto i miei trascorsi anche negativi di angoscia,tristezza,dolore,ansia.

Ho un rapporto speciale con Miro, io lo chiamo in mille modi: gnomo, pipì, singrillo, grillo, ma il suo nome reale è Miro, in onore del Grande Miro Klose. Non lo considero un animale domestico, per me è un familiare, io non mi definisco il suo padrone, piuttosto un fratello, quello che magari non ho mai avuto. Per lui cerco di essere  tutto quello che di buono c’è in un rapporto tra umani. L’espressione massima di ogni titolo che ci può essere fra due persone.

Nella mia esperienza di vita ,attraverso questo rapporto, ho imparato ad amare senza interessi, migliorando la mia anima. Miro ha aggiunto qualcosa in più dentro me. Mi ha insegnato il bello delle piccole cose, come ad esempio una semplice passeggiata al parco. Forse quello che affettivamente io non ho avuto in famiglia, me l’ha donato lui. Ho capito che un cane può aiutare a dare valore alle piccole cose, credo infatti che con esse sono riuscito a toccare un pò di felicità. Ad esempio stare sul divano insieme a Miro a guardare un film, mi fa stare bene perchè vedo lui che ne è felicissimo e questo mi appaga.  Inoltre una cosa non meno importante è la responsabilità che ho sviluppato nel crescerlo. Sono convinto che al giorno d’oggi un animale potrebbe aiutare molti ragazzi, anche adolescenti, a responsabilizzarsi di più e ad avere anche maggiore sensibilità verso gli animali in generale. Questo non guasterebbe affatto viste le notizie di violenze continue verso queste povere creature. Voglio però raccontare un evento vissuto con lui che mi ha lasciato un segno indelebile. Una mattina di ottobre ricevetti una chiamata da mia madre in lacrime: Miro stava male. Ero sul posto di lavoro ma non esitai ad abbandonarlo e ci misi 10 minuti  per raggiungere casa mia al posto della solita mezz’ora. Non so come abbia evitato un probabile incidente. Fatto sta che arrivai sul posto e sotto consiglio di mio padre lo presi in braccio caricandolo subito in macchina. Era sdraiato, bocca aperta, lingua di fuori ed occhi spalancati con pupilla dilatata. Con la Panda di mio padre volai dal veterinario fino a Sacrofano, dalla sua dottoressa di fiducia. Nel tragitto mi feci raccontare da mio padre cosa mai fosse accaduto. Nel panico totale riuscì a dirmi che sentì uno strillo di Miro e si accorse solo di due piccole gocce di sangue sul naso dopo di che totale paralisi, non camminava più. Capii che ci fosse una grande possibilità che si potesse trattare di una vipera. Arrivati in ambulatorio di urgenza passò avanti a tutti gli altri animali e mentre raccontavo i fatti due medici ispezionarono il naso. Da qui iniziò la tragedia in quanto confermarono la diagnosi che già avevo in mente: morso di una vipera.

Subito venne attaccato ad una flebo di cortisone e fisiologica. Nel Frattempo iniziò a gonfiarsi tutto… completamento nero. La terapia iniziale prevedeva 2 o 3 volte al giorno di queste infusioni almeno per una settimana.

Così mi recai in ambulatorio due volte al giorno per vederlo .Venni a conoscenza del fatto che l’antidoto non si usava più per una percentuale troppo alta di allergia allo stesso, rimaneva solo la chance di pulire il sangue attraverso le flebo. La speranza era quella che Miro vivesse almeno le prime 72 ore dopo il morso. Fortunatamente queste ore passarono stabili ma il gonfiore persisteva, si spostava da una parte all’altra del corpo. Lui perdeva tanta saliva, non camminava, faceva tanta pipì ma con sangue. Si comprese che i reni furono attaccati irrimediabilmente.

Dopo una settimana si sperava solo in un miglioramento delle analisi ma questo non avvenne. Fui chiamato di urgenza perché i suoi valori erano vicini ad un decesso. Come ultima spiaggia mi consigliarono di portarlo in una clinica specializzata a Piazza Bologna .

Non so dove io abbia trovato il coraggio per questo nuovo spostamento. Ero terrorizzato e paralizzato dalla paura di perderlo.

Lasciai Miro in terapia intensiva e sostenuto da mia madre tornammo a casa. Gli fecero massicce dosi di cortisone e una terapia per ripristinare i reni. Il mattino successivo mi chiamò il medico primario della clinica per un colloquio tutt’altro che positivo. I reni erano completamente distrutti dal veleno. Con una probabilità dell’80% doveva andare in dialisi a Bologna. In quel momento mia madre che era di nuovo con me, lasciò di corsa lo studio mentre io rimasi sconvolto dalla notizia. I tre giorni successivi furono un dramma familiare totale. Miro rimaneva comunque stabile nella gabbia della terapia intensiva. Io andavo a trovarlo ogni giorno e l’unica speranza cui mi ero aggrappato era che almeno aveva iniziato a mangiare pochissimo. Era dal morso della vipera fino alla rianimazione che non aveva più toccato cibo, solo acqua.

Probabilmente era troppo gonfio per deglutire ma tutto era in dubbio, anche una ipotetica guarigione se avesse iniziato a nutrirsi minimamente.

Miro era sempre stato super vorace nel mangiare, così tentai con le scatolette di patè per gatto. Fui sorpreso invece nel vedere che l’unica cosa ad attirarlo fu un pezzo di pollo vero e proprio che stava nella gabbia di un altro cane sopra di lui, sempre in terapia intensiva. In quell’attimo io provai una gioia infinita e mi riempii di lacrime nel vedere che con tanta fatica lo mandò giù. A quel punto iniziai insieme a mia madre a portare del pollo stracciato, cotto ed in quel momento Miro tornò a mangiare quasi normalmente. Il mattino del quarto giorno lo dimisero, con varie terapie. Le analisi erano discrete, come per magia. In 48 ore cambiò tutto, quasi miracolosamente.

Io nella mia vita non ho mai pregato ma, mentre Miro era in terapia intensiva io lo feci. Pregai affinchè vivesse a discapito mio, avrei voluto soffrire io per lui. Miro ce la fece ed il dicembre successivo fui io a fare un brutto incidente con la moto ed ancora oggi ne porto i segni.

Ad oggi Miro è l’anima più cara che ho e non riesco a stare più di 4 giorni senza vederlo>>.