AVEZZANO – Ieri è stata una giornata preziosa, carica di gioia e spiritualità, per la Diocesi dei Marsi che ha vissuto il suo Pellegrinaggio Giubilare nella Basilica di San Pietro. In tantissimi hanno partecipato, erano oltre 900, provenienti dalle diverse parrocchie della diocesi marsicana.
Una Chiesa locale riunita, che guidata dal vescovo Massaro, ha vissuto questo cammino penitenziale in fraternità e in comunione.
Il Vescovo ha ringraziato i parroci e le comunità parrocchiali per la grande partecipazione che è stata coordinata dai vicari foranei e dal responsabile diocesano per il Giubileo, don Franco Tallarico.
I gruppi – rende noto la Diocesi – sono partiti dalle diverse parrocchie ma il ritrovo per tutti in mattinata a Roma è stato presso Castel Sant’Angelo, dove è iniziato il cammino penitenziale verso la Basilica di San Pietro, con il passaggio della Porta Santa, la professione di fede presso la tomba dell’apostolo Pietro, la visita della Basilica di San Pietro e la celebrazione eucaristica comunitaria presieduta dal vescovo e concelebrata da tutti i sacerdoti marsicani.
Nel pomeriggio i programmi sono stati diversificati in base alle parrocchie e alle foranie. Il vescovo nel pomeriggio ha presieduto il Pellegrinaggio della forania di Avezzano che si è recata presso il Santuario di Santa Maria del Divino Amore per il pranzo insieme e la preghiera e l’affidamento a Maria. Durante la visita anche l’incontro e la catechesi del cardinale Enrico Feroci, che è a guida del Santuario romano di Castel di Leva, e che ha raccontato ai fedeli marsicani la storia della devozione mariana del Divino Amore. Il rientro per i 900 marsicani è stato in serata.
L’OMELIA DEL VESCOVO
Pronunciata nella Basilica di San Pietro
“Sulla tua Parola, Signore, getteremo le reti”
Cari fratelli e sorelle della nostra amata Diocesi dei Marsi, pellegrini della speranza, ci troviamo oggi nella Basilica di San Pietro, cuore pulsante della cristianità, dopo aver varcato insieme la Porta Santa, gesto semplice ma carico di significato, segno della grazia che ci precede e ci accompagna. Qui, in questo luogo santo, celebriamo il nostro pellegrinaggio giubilare, un cammino di popolo, di Chiesa, un tempo di grazia che rinnova la nostra fede e ravviva in noi la speranza, dono che viene da Dio e non delude.
Desidero esprimere un sentito grazie a tutti voi,carissimi fedeli della Chiesa dei Marsi, che avete scelto di partecipare a questo pellegrinaggio. Siamo in tanti e non mi aspettavo una partecipazione così numerosa. Il vostro “sì” è un segno forte e concreto di fede, di amore per la Chiesa e di desiderio di camminare insieme verso il Signore. So che molti di voi, essendo questo un giorno feriale, hanno dovuto chiedere un permesso dal lavoro, riorganizzare la famiglia o affrontare qualche sacrificio: il vostro impegno è per me motivo di gioia e gratitudine. La vostra partecipazione è già un segno di speranza. E’ un segno di speranza vedere una comunità che risponde, che si mette in cammino, che non ha paura di “perdere tempo” per Dio. Con voi ringrazio in modo particolare i sacerdoti e i diaconi che non solo hanno sollecitato la vostra partecipazione ma vi hanno accompagnato in questo pellegrinaggio.
Abbiamo ascoltato la Parola del Signore, luce ai nostri passi. San Paolo, nella Lettera ai Colossesi, ci offre una preghiera intensa e appassionata per quella giovane comunità cristiana:
“Da quando abbiamo avuto notizia della vostra fede, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà”.
Anche noi, come comunità diocesana, sentiamo su di noi questa preghiera: è la Chiesa che ci accompagna, è Cristo che intercede per noi, è lo Spirito Santo che ci guida. San Paolo chiede poi per i Colossesi – e oggi anche per noi – la piena conoscenza della volontà di Dio, perché possiamo camminare in maniera degna, portando frutti di bene e crescendo nella fede.
Ecco il senso del nostro pellegrinaggio: crescere nella fede. Non siamo venuti a Roma per un semplice atto devozionale, ma per ritrovare nel cuore l’essenziale: la bellezza della chiamata ricevuta nel Battesimo, la forza del Vangelo che ci guida, la speranza che ci fa guardare al futuro con fiducia.
Nel Vangelo di Luca, abbiamo incontrato Pietro e i suoi compagni, delusi dopo una notte infruttuosa di lavoro. Anche noi, talvolta, ci sentiamo così: abbiamo faticato tanto, ci siamo impegnati, ma non vediamo i frutti. Eppure, su quella riva del lago, accade qualcosa di nuovo: Gesù sale sulla barca, prende la parola, cambia la prospettiva.
E poi dice: “Prendi il largo e gettate le reti per la pesca” (Lc 5,4).
E’ facile avere fede quando hai tutto in mano. La vera sfida è provare a fidarsi del Signore quando non ti ritrovi nulla tra le mani dopo una notte di intenso lavoro, quando non si tengono più le redini, quando non si ha più nulla. Questa è la fede.
Prendere il largo, è un invito che oggi risuona per ciascuno di noi. Non rimanere sulla riva delle paure o delle delusioni, ma affidarci al Signore, anche quando ci sembra di aver già dato tutto o di aver perso tutto. Pietro risponde con fiducia: “Maestro, sulla tua parola getterò le reti”.
E la pesca fu abbondante.
Carissimi, sulla Parola del Signore anche noi vogliamo gettare le reti, con coraggio, con rinnovato slancio. Questo è il cuore del Giubileo della Speranza: non un evento da celebrare, ma una vita da cambiare, una fede da ravvivare, una comunità da ricostruire nella fiducia nel Dio della vita.
Il problema della Chiesa oggi non sono i numeri, non sono le statistiche, non è una questione di organizzazione o del fatto che dobbiamo inventarci qualche altro modo per annunciare il vangelo; non è questione di performance. Il problema della Chiesa è un problema di fede. La domanda vera non riguarda le statistiche, ma il capire se abbiamo ancora fede. L’unica grande domanda che tutti dobbiamo porci è questa: abbiamo ancora fede? Se abbiamo fede tutto riparte; se non abbiamo fede, possiamo anche riorganizzarci; compiere tutte le analisi possibili, ma non usciremo dalla crisi. Questo non significa dire cose giuste su Dio, ma credere che Dio può tutto, perché è amore capace di compiere l’impossibile. Dobbiamo capire se al posto della fede e di Dio abbiamo messo qualcos’altro, se confidiamo troppo in noi stessi. Tante volte, Gesù è solo il grande pretesto per fare altro. Non è più il centro della vita ecclesiale e della nostra vita. L’unica cosa che conta è la fede.
E oggi più di ieri ci viene chiesto di vivere la nostra fede con coerenza ogni giorno, di non avere paura di fare scelte controcorrente che non fanno notizia ma costruiscono il Regno di Dio. È la scelta di chi tra mille impegni ritrova in primo luogo il tempo per stare con Dio e ascoltare la sua Parola, è la scelta di chi in famiglia, non risponde con rabbia, ma con pazienza. È la scelta di chi, sul lavoro, non scende a compromessi con l’ingiustizia o la corruzione, anche a costo di essere isolato. È la scelta di chi, nel lavoro o tra gli amici non si vergogna della propria fede, ma la testimonia con rispetto e convinzione. È la scelta di chi perdona quando sarebbe più facile chiudere il cuore. È la scelta di chi serve in silenzio, senza cercare applausi.
Questo è il nostro compito: rimanere cristiani oggi quando è più comodo non esserlo, essere fedeli al Vangelo quando la mentalità comune ci spinge altrove. Non si tratta di eroismi straordinari, ma di una fede vissuta con perseveranza, giorno dopo giorno. In questo, ciascuno di noi è chiamato ad essere un pellegrino della carità, della giustizia, della verità, della speranza.
In questi mesi abbiamo vissuto diversi giubilei diocesani: con i religiosi, che testimoniano la bellezza della consacrazione; con gli ammalati, che portano nel corpo le ferite del Crocifisso e la forza della resurrezione; con gli sportivi, i ragazzi, gli amministratori… ognuno ha portato la sua storia, il suo volto, le sue attese. In ognuno di questi incontri, ho visto segni di speranza.
Nella mia lettera pastorale, consegnata lo scorso ottobre alla comunità diocesana, ho indicato alcuni segni di speranza da vivere per la nostra Chiesa: essere vicini alle ferite di tante famiglie, fare delle nostre comunità luoghi in cui si sperimenta la comunione e l’unione con Dio e tra noi, trasmettere con entusiasmo, soprattutto alle nuove generazioni, la bellezza del Vangelo e soprattutto fare esperienza della misericordia di Dio.
Questo pellegrinaggio è parte di quel cammino che insieme abbiamo intrapreso e che ci sta aiutando a riscoprire il volto di un Dio che ci ama. E come Pietro, anche noi, dinanzi all’amore di Dio siamo tentati di dire : “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). Ma il Signore ci risponde con parole che non dimenticheremo mai: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10).
Cari fratelli e sorelle, ripartiamo da qui, da questa basilica, con una fede rinnovata, con una speranza più salda, con una carità più operosa. Mi auguro che possiamo tutti tornare a casa con il cuore rinnovato, con uno sguardo nuovo sulla vita e sulla fede. Che possiamo sentirci inviati a portare speranza nei nostri ambienti quotidiani. Perché il Giubileo non finisce a Roma: continua nelle nostre parrocchie, nelle famiglie, nel lavoro, in ogni relazione. Se torneremo più capaci di perdonare, di servire, di amare, allora il nostro pellegrinaggio avrà davvero portato frutto.
Con Maria, Madre della speranza, affidiamo pertanto a Dio il nostro cammino.
E insieme, come Chiesa dei Marsi, diciamo ancora una volta: “Sulla tua parola, Signore, getteremo le reti”.