CERCHIO. Sabato 23 agosto è stata presieduta dal vescovo Giovanni Massaro la Messa in occasione dell’anniversario della storica consegna dell’epistola indulgenziale, nel 1300, alla chiesa di San Bartolomeo. La Chiesa di San Bartolomeo di Cerchio infatti è legata a un’indulgenza plenaria, concessa da Papa Bonifacio VIII in occasione del primo Giubileo, attraverso la “Bulla Indulgentiarum”. Questa bolla papale prevedeva quaranta giorni di indulgenza per chi visitava la chiesa in determinate festività.
LE PAROLE DEL VESCOVO
«Oggi facciamo memoria della Bolla Indulgentiarum che, in questo luogo, esattamente il 24 agosto del 1300, fu consegnata per volere di Papa Bonifacio VIII. Con quel gesto, il Santo Padre riconosceva la santità del luogo e concedeva a chi vi si fosse recato — in alcune feste dell’anno — e avesse compiuto opere e lavoro con cuore sincero, quaranta giorni di indulgenza: un segno concreto della misericordia di Dio per chi desiderava riconciliarsi, redimersi, ricominciare. Oggi non celebriamo però solo un anniversario storico o un evento folkloristico da ricordare con fierezza e affetto: celebriamo un evento di fede, che interpella ciascuno di noi.
Ma allora, cosa significa tutto questo per noi, oggi, a Cerchio?
Significa anzitutto che la Chiesa è e deve rimanere una porta aperta: aperta alla grazia, alla conversione, alla riconciliazione. E questo riguarda ognuno di noi, personalmente, ma anche come comunità.
A livello religioso, siamo chiamati a riscoprire il valore della penitenza, della preghiera, delle opere di carità come via per ricevere misericordia e per diventare a nostra volta strumenti di misericordia. La Chiesa, in questo cammino, ha un compito insostituibile: essere una porta sempre aperta, mai un muro che esclude. Aperta non solo fisicamente, ma spiritualmente e pastoralmente: a chi cerca senso, a chi ha sbagliato e vuole ricominciare, a chi non ha ancora trovato la fede ma è in cammino. Essere porta aperta significa non giudicare, ma accompagnare. Non chiedere prima i requisiti per entrare, ma offrire una casa dove ritrovare la propria dignità. E allora oggi, chiediamo anche al Signore di aprire i nostri cuori: perché una comunità viva non è fatta solo di memorie, ma di persone che si riconoscono fratelli e sorelle, che si aiutano, che si perdonano, che sognano insieme. A livello civile e sociale, la riapertura di questa porta ci invita a costruire una comunità più giusta, più solidale, capace di accogliere chi torna, di non escludere chi è fragile, di non dimenticare chi è lontano. È una sfida per Cerchio: non lasciarsi rinchiudere nel passato, ma trasformare la memoria in futuro, le radici in azione. Il perdono di Dio non è una formula magica, non è una rievocazione da museo: è una vita nuova, un cammino che oggi possiamo e dobbiamo intraprendere insieme. Così le indulgenze — spesso fraintese — non sono sconti automatici, ma inviti alla responsabilità spirituale, alla purificazione del cuore, alla vita rinnovata nell’amore di Cristo. Invochiamo l’intercessione di San Bartolomeo, nostro patrono, perché accompagni il cammino di questa comunità. Che Cerchio sia luogo di misericordia, dove Dio possa ancora scrivere, oggi come nel 1300, storie di salvezza».