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Storia, 8 maggio 1945: Churchill annuncia la vittoria e la fine della Seconda Mondiale in Europa

L’8 maggio 1945, Winston Churchill, primo ministro del Regno Unito e simbolo della resistenza al nazifascismo, annunciava ufficialmente alla nazione e al mondo la resa incondizionata della Germania. «Questa è la vostra vittoria!», proclamò alla BBC con la consueta forza oratoria. «E in verità, la guerra contro la Germania è finita». Con quel discorso e il celebre gesto della “V” di vittoria dal balcone di Whitehall, Churchill divenne l’incarnazione del trionfo della democrazia contro la barbarie totalitaria.

Ma Churchill non fu solo un politico e un comandante di guerra. Massone iniziato a 27 anni nella Loggia Studholme No. 1591 di Londra, il 24 maggio 1901, rappresentava anche l’intreccio profondo tra i valori della Massoneria – libertà, giustizia, fratellanza – e l’impegno civile. Fu uno degli statisti più influenti della storia moderna, capace non solo di guidare il Regno Unito attraverso la sua ora più buia, ma anche di gettare le basi del mondo post-bellico.

Il leader della vittoria

Churchill salì al potere il 10 maggio 1940, lo stesso giorno in cui la Germania lanciava la sua offensiva contro Francia, Belgio e Paesi Bassi. Subentrava a Neville Chamberlain, il cui fallimento nella politica di appeasement con Hitler era ormai conclamato. Tre giorni dopo, alla Camera dei Comuni, Churchill pronunciò uno dei suoi più celebri discorsi: «Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore». Quelle parole, scolpite nella memoria collettiva, unirono una nazione intera attorno all’imperativo della resistenza.

Abile oratore, ma anche stratega lucido, Churchill lavorò a stretto contatto con i comandi militari e i leader alleati. Fu fondamentale nella costruzione dell’alleanza con il presidente statunitense Franklin D. Roosevelt, con il quale firmò nel 1941 la Carta Atlantica: un manifesto dei principi del futuro ordine mondiale, che anticipava la nascita dell’ONU e sanciva i diritti alla pace, all’autodeterminazione, alla democrazia. Questo accordo fu il primo passo verso la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, fondata ufficialmente il 24 ottobre 1945 a San Francisco.

Churchill comprese prima di altri la necessità di una cooperazione globale per impedire nuovi conflitti. La sua visione, come riconobbe anche Henry Kissinger, fu più lungimirante di quella dello stesso Roosevelt: il leader britannico intuiva i pericoli insiti nell’espansionismo sovietico e si oppose sempre a una pace separata con la Germania che escludesse l’Unione Sovietica. Alla proposta di resa avanzata da Himmler agli Alleati occidentali pochi giorni prima della fine del conflitto, Churchill si oppose fermamente, insistendo affinché la resa fosse totale e condivisa da tutte le forze alleate. Stalin gli scrisse: «Conoscendola, non dubitavo che avrebbe agito in questo modo».

La resa della Germania e la reazione italiana

L’8 maggio 1945 la resa tedesca fu ratificata a Reims e poi nuovamente firmata a Berlino su richiesta dell’URSS. La guerra in Europa era ufficialmente finita. In Italia, dove la Liberazione nazionale era stata proclamata già il 25 aprile, la notizia fu accolta con gioia, ma anche con commozione. Era la conferma definitiva che l’incubo della guerra, dell’occupazione nazista e della Repubblica Sociale Italiana era davvero finito.

Le piazze italiane si riempirono di persone in festa, mentre le istituzioni celebravano la pace ritrovata. I giornali titolavano con enfasi, la radio trasmetteva i bollettini ufficiali e il nome di Churchill veniva spesso citato accanto a quello di Roosevelt e di Stalin come architetti della vittoria. Ma l’Italia era un Paese da ricostruire, economicamente e moralmente: la pace fu anche l’inizio di un lungo processo di risanamento, culminato con la nascita della Repubblica nel 1946.

Il testamento morale di Churchill

Dopo la fine della guerra, Churchill fu chiamato a guidare un secondo governo dal 1951 al 1955. Nel 1953 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura per la sua monumentale opera The Second World War, che contribuì a fissare nella memoria collettiva il senso e le lezioni del conflitto. Il premio riconosceva anche la sua maestria nell’uso della parola come strumento di difesa dei valori umani e democratici.

Churchill morì il 24 gennaio 1965, all’età di 90 anni, dopo un grave ictus. La regina Elisabetta II gli concesse funerali di Stato, a cui presero parte 112 delegazioni internazionali. In Italia, la Camera dei Deputati gli dedicò una solenne commemorazione, e il presidente del Consiglio Aldo Moro ne celebrò la memoria definendolo un uomo che “con il suo pensiero e la sua opera aveva illuminato e arricchito gli ideali umani”.