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Velletri: è il giovane don Vincenzo il nuovo cappellano militare della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri

Velletri – È don Vincenzo Venuti il nuovo cappellano militare della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri di Velletri. Prende il posto di don Mauro Amato, dopo 15 anni di servizio pastorale e un grande attestato di stima e di affetto da parte dei suoi allievi militari e parrocchiani.

Il cappellano militare è una figura molto importante per l’Arma, sia in patria che all’estero. Copre un territorio molto vasto: caserme, navi, basi fuori area, e tutte queste realtà hanno un proprio clero.

Don Vincenzo, pur essendo molto giovane (non ha ancora compiuto quarant’anni) viene da un’esperienza molto importante per la sua formazione religiosa e militare: prima di “approdare” alla piccola parrocchia militare di Velletri è stato al XXXII Stormo ad Amendola, in Aeronautica.

Contemporaneamente ha fatto esperienza anche nella Marina Militare, a Livorno, sulla Nave Scuola Allievi. Non solo in Italia, ma anche all’estero: don Vincenzo è stato anche in Kuwait, un’esperienza senz’altro formativa al di fuori della propria patria. E ora, da circa due mesi è a Velletri, alla Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri. “È un mondo totalmente nuovo per me – afferma don Vincenzo. “Ogni Arma ha la sua entità, la sua esperienza e questa è totalmente nuova per me: le persone che si incontrano sul cammino e quello che fanno”.

Oltre alla Scuola Allievi, don Vincenzo ha anche la gestione parrocchiale territoriale, quindi Velletri, Frosinone, Latina. “Un cappellano impara sempre cose nuove, perché conosce più persone, è più in “trincea”: è un altro modo di fare pastorale”.

Don Vincenzo Venuti, prima di intraprendere la carriera militare è stato parroco in Sicilia per 10 anni, nella diocesi di Caltagirone; successivamente è entrato nell’Ordinariato Militare. Apparentemente può sembrare un percorso simile, ma sono molte le differenze tra la gestione di una parrocchia e l’Ordinariato Militare. “La differenza – spiega don Vincenzo – è questa: nell’ordinariato militare si incontrano tante persone, mentre con le parrocchie si va più per grandi numeri e a volte non si ha la possibilità di stringere di più i rapporti con il singolo. Questa nuova esperienza la trovo più stimolante per me, anche come approccio di ascolto e accompagnamento pastorale è diverso. E’ uno stimolo maggiore”.

“La bellezza di questo tipo di esperienza – racconta ancora il nuovo cappellano della caserma di Velletri – è che si tratta di una pastorale più di ascolto, più da “compagni di viaggio”. Siamo una piccola grande famiglia, con le sue gioie e i suoi dolori, i pensieri, e le varie problematiche. E’ un rapporto molto più interpersonale, un po’ come l’immagine dei discepoli di Emmaus,  che “si fecero compagni di viaggio”. Accompagniamo per un cammino: naturalmente il nostro compito è quello di lanciare un seme, perché non restiamo a lungo, sia noi cappellani che le famiglie, perciò si lancia proprio un seme nella speranza che possa crescere qualcosa di bello e di buono in poco tempo. Con il Covid adesso è tutto più difficile perché i rapporti in presenza si sono diradati, e l’isolamento produce tanti effetti collaterali”.

Ma nonostante il Covid, don Vincenzo è stato subito accolto con entusiasmo dai suoi Allievi, dalle rispettive famiglie e da tutti i  parrocchiani. “Don Mauro ha seminato bene, ha fatto davvero un grande lavoro. Le cappelle militari naturalmente sono sempre soggette a cambiamenti, al Comandante e ai superiori. Anche il Covid ha cambiato tante cose, ma don Mauro ha lanciato davvero un grande seme. Tuttavia la stabilità qui è relativa, c’è sempre un ricambio. Lui ha avuto la fortuna di restare per oltre 15 anni, sia qui che alla territoriale. E’ stato molto bravo. A volte mi chiedo: “Riuscirò a fare tutto questo?” perché è tanto lavoro in poco tempo. Instaurare subito una relazione non è facile, ora siamo ancora nella fase di rodaggio, ma sono convinto che le difficoltà del Covid ci avvicineranno ancora di più. Un po’ come fa quella tecnica giapponese, il “kintsugi”, che ripara le crepe e le fratture della ceramica con l’oro fuso, così da rendere quell’oggetto ancora più prezioso proprio in virtù di quelle cicatrici”.