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Poesia come ricerca della parola e frammenti di prospettiva: “Nervature” l’ultima silloge di Marco Corbi

Poesie come aculei, come lapilli, ma anche come carezze trattenute. Il tutto sempre visto in diagonale, cercando “l’angolo di vento” citato da Magrelli, che per l’autore è il riferimento più importante, insieme a Kavafis e Szymborska. E come Magrelli, anche Corbi ama spaziare tra i diversi media: ci ritroveremo così proiettati in ‘Better Call Saul’ leggendo Haiku classici, e il vento ci porterà profumi di paesi forse solo apparentemente lontani.

Nervature è l’ultima silloge del poeta Marco Corbi, terza pubblicazione con MdS Editore dopo Zero (2014) e Epitagoni (2018). La raccolta è stata presentata dalla Regione Toscana al Salone del Libro di Torino 2023 dove ha ricevuto notevole successo. L’opera si compone di due parti: Poesie e Addenda in cui la prima è a sua volta divisa in sottosezioni Vita e Tempo, la seconda include invece varie forme di componimento, aspetto che la accomuna alla penultima pubblicazione.

La poesia dell’autore livornese è fatta di rifrazioni di vita, di ricordi, di luoghi. Pensieri sfiorati o mai detti, gesti accennati fra i tanti rimasti sospesi: ciò che nello scorrere del tempo è stato vissuto, voluto, sperato e si è poi sedimentato nella “mappa sensoriale” dell’uomo-poeta. Siamo di fronte a un componimento in versi che nasce e si smaterializza nel veloce moto del suo venire ad essere. La poesia di Nervature va assaporata come un’intuizione, la cui velocità e concretezza guida la lettura a sprazzi fulminei e illuminanti.

Quella di Marco Corbi è  una ricerca si potrebbe dire “scientifica” della forma dell’espressione scritta, la parola che non lascia spazio al superfluo ma tende verso l’essenziale. Una volontà poetica in cui la forma veicola il contenuto, in quella stessa brevità stilistica e sperimentazione viene trasmesso il lirismo del tempo e della vita come istanti.

I versi prendono forma così dal flusso di percezioni sciolte che affollano lo sguardo del poeta: è in questo attimo che avviene la metamorfosi, lo scaturire di un’inedita angolatura prospettica dell’esistenza. La parola si trasforma e nasce dalla penna di Corbi come una scintilla incandescente, che si esaurisce nel momento stesso in cui viene pronunciata, lasciando nel suo calore bruciante una traccia d’interpretazione.

In  Nervature permane quel senso di oscurità che accompagna ogni vera composizione poetica: l’essenza di ciò che mantiene intatta la verginità del verso, di una sua possibile e sempre nuova comprensione. La poesia di Marco Corbi travolge con una vitalità intensa, nel tentativo di salvare ciò che del tempo scorre veloce ma sopravvive come sensazione, emozione, ricordo. La vita nel suo vorace trascorrere.

MARCO CORBI è nato nel 1968 a Livorno, dove risiede. Ha vissuto a lungo a Londra, Roma e Milano. Scrive poesie, racconti, testi sperimentali molti dei quali pubblicati in antologie e riviste letterarie. Si forma alla Scuola Carver di Livorno. L’incontro con MdS Editore è del 2013 e l’anno dopo esce la silloge poetica Zero, che ottiene un vasto successo di pubblico e viene presentata e inserita nel Catalogo ufficiale al Salone del Libro di Torino 2015. Sempre con MdS pubblica la silloge Eptagoni (2018). Nervature (2023) è la sua terza raccolta.

Oggi incontriamo Marco per dialogare con lui e approfondire alcuni aspetti della sua scrittura e di cosa ci si può aspettare leggendo l’ultima silloge Nervature.

Quando hai iniziato a scrivere poesie?

“Alle scuole medie, ovviamente poesie di infatuazione per la fidanzatina di allora. Avevo un quadernino nero con i bordi rossi…. Beh, a dire il vero ce l’ho ancora”.

Chi o cosa ti ispira nella tua scrittura?

“Ho tre grandi stelle polari: Kavafis, Szymborska, Magrelli”.

Ti sei formato alla Scuola Carver: raccontaci qualcosa di questa esperienza

“Con grande piacere! La Scuola Carver è una scuola di scrittura creativa ma non solo: laboratorio di idee, seminari con grandi scrittori, vari corsi, anzi “palestre”, come sono giustamente definite. Dalla palestra dei fondamentali, a quella del racconto, del romanzo, della poesia, dei classici antichi. Un posto magico per me, dove ho preso spunti e soprattutto ho iniziato a sistematizzare il mio materiale creativo”.

Hai pubblicato tre raccolte poetiche con MdS Editore. Come è nata la collaborazione e come è stato accolto il tuo lavoro?

“Ho conosciuto MDS esattamente 10 anni fa, nel 2013 alla presentazione di un loro libro di poesia. Mi colpì il fatto che – in un mercato inflazionato da editori a pagamento – loro rivendicassero con orgoglio il fatto di non esserlo, in nome di un reale potere di scelta di linea editoriale.

Quando ho consegnato le bozze di Zero mi ribadirono: “Si ricordi che noi diciamo NO a quasi tutti”.

E quello mi piacque molto; mi piacque ancora di più quando mi chiamarono per dirmi che il libro si sarebbe fatto”.

Quali tematiche emergono da Nervature e che tipo di poesia ci possiamo aspettare?

“Sicuramente una poesia moderna, che non ricerca il lirismo, ma che – spero – lo trova sotto altre forme, non foniche.

Fra le tematiche emerge su tutte la Grande Ascissa, il tempo. La consapevolezza del percorrerla, senza lasciare troppe cose per strada, ma alcune sì. La voglia di selezionare sempre più il modo di viverlo, questo splendido tiranno, e mettere tutto l’amore possibile nel fare le cose che sentiamo nostre”.

Quale idea c’è dietro la tua nuova silloge?

“Quella di esprimere il lavoro sulla poesia ma anche al tempo stesso esprimere il lavoro sulle forme alternative di espressione scritta. Alla fine, il nucleo è sempre la parola”.

Cosa rappresenta per te la “parola” e cosa cerchi attraverso di essa?

“Come detto, la parola è il fine ultimo del mio lavoro. Al tempo stesso, oltre che un fine è un mezzo per studiare come scalfire e scolpire la poesia e con essa la pagina che la contiene. Mi ispiro alla logica del bonsai e della scultura: tagliare e rimodellare”.

Come si è evoluta la tua poesia dalle prime raccolte pubblicate fino a Nervature?

“I tratti generali di asciuttezza e ricerca del senso ultimo della parola accomunano le mie tre raccolte.

Zero è la raccolta d’esordio, c’è più emotività. Eptagoni, come dice il titolo, è la più scientifica. Nervature mi dicono – i fedeli e pronti lettori – che viene percepita come una raccolta della maturità poetica. Non posso che sperare che abbiano ragione”.

Cosa significa guardare il mondo con “sguardo poetico”?

“Cogliere le piccole cose che stanno intorno a noi. Fuggire dai cliché come i gabbiani e i tramonti: dice bene il grandissimo Valerio Magrelli, quelle sono cose già belle da sole, ed inoltre inflazionate. Poesia per me è un giovane che aiuta una donna anziana a salire su un autobus. Poesia è tutto quello che ci fa essere più umani”.

Cosa è presente e cosa no nella tua scrittura?

Dovrebbero dirlo i lettori… da parte mia, spero una dose di ribellione che aiuti a vedere le cose da un’angolazione diversa, o quantomeno a riflettere sul fatto che ci siano angolazioni diverse. Fontana squarciava le tele; nel mio piccolo sarei felice di far nascere delle domande.

Come definiresti la tua voce poetica?

Spero rapida e spietata. Spero originale. Spero, soprattutto, degna di esistere.

Quale è la sfida della poesia al giorno d’oggi e quale ruolo hanno i poeti?

La sfida della poesia è in realtà la sfida della forma poetica. Questa sfida è sopravvivere, e credo che la vincerà, aiutata dal fatto che -come piace ai giovani- è rapida e spietata.