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Archeologia, esplorato l’acquedotto aniense di Tivoli

Tivoli – Il fascino dell’antichità in un viaggio suggestivo con Archeo Tibur che ha esplorato lo Specus e le rimanenze apogee e ipogee dell’acquedotto romano Anio Novus (38-52 dell’era cristiana) in perfetto stato di conservazione.
“La sua portata giornaliera, la maggiore di tutti i grandi acquedotti che rifornivano la città di Roma, era pari a circa 2.848 quinarie, ovverosia corrispondenti a poco meno di 118.200 m³ e 2274 l/s.

Di particolare interesse i puteus, i pozzi, posti in corrispondenza delle sezioni della galleria, i quali venivano previsti per facilitare la costruzione dell’opera, la ventilazione, le successive ispezioni e la pulizia. Il condotto del pozzo in foto mostra una sezione quadrata e le classiche “pedarole”, delle insenature ricavate nella roccia tali da poter essere utilizzate come scenditoie e appoggio per i piedi dagli Aquarii, gli operai addetti alla manutenzione dei condotti idrici.

Sono chiaramente distinguibili il livello dell’acqua in antichità, grazie ai sedimenti calcarei, e i segni del piccone, indicanti l’andamento delle operazioni di escavazione; presenti, ancora in situ, delle piccole nicchie poste ad altezza mediana tra camminamento e volta, sfruttate per l’allocazione delle lucerne utilizzate a mò di lumini.”